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Dharth Cthulhu e il caso del centauro putativo. Un racconto di Paolo Brera

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16-10-02-cecchino-lavoro

 

Era il terzo giorno dell’invasione.

Intorno al guerrigliero, stanco, insonnolito e assetato, le rovine non erano molte: la cittadina era largamente intatta—ma vuota; la gente se n’era andata, o era stata radunata dagli invasori per essere portata via. Praticamente non c’era stata resistenza.

Degli abitanti rimaneva solo lui, ex tiratore d’élite dell’esercito, fino a tre giorni prima guardia giurata, dopo di allora guerrigliero. Oltre a lui in città c’erano ormai solo loro, i terrestri della forza d’invasione.

Maledetti terrestri!

Il guerrigliero non aveva fame, perché aveva trovato un po’ di alimenti in un negozio. Aveva scelto che cosa portar via sulla base di complicati ragionamenti, non necessariamente tutti validi. Dovevano potersi conservare. Contenere calorie senza pesare troppo—per questo aveva preso poca acqua minerale, e ora se ne pentiva: l’acquedotto non funzionava più. L’organismo richiedeva trentacinque unità energetiche al giorno. Certo, per una vita equilibrata occorrevano anche le fibre e le vitamine, ma pochi giorni senza fibre e senza vitamine non lo avrebbero ucciso.

Sarebbero arrivati prima i terrestri. Mostri assetati di sangue. Più di qualche giorno lui non sarebbe durato.

Aveva due speranze. La prima, di portarsene dietro parecchi prima di essere sopraffatto. La seconda, più esile: che in qualche punto del pianeta invaso ci fosse stata una resistenza efficace, tanto da rendere possibile un contrattacco.

Nulla faceva pensare che così fosse stato, ma neppure si poteva escluderlo e a questa impossibilità si agganciava il solo labile filo di speranza.

Era ormai l’alba. In quella zona il freddo notturno non era un problema, in quella stagione. Ma il guerrigliero aveva dormito in modo molto inquieto, disturbato dall’incubo di essere trovato mentre il sonno lo rendeva praticamente inerme. Da sveglio aveva pur sempre un buon fucile, un fucile fabbricato sulla Terra—certo più adatto all’anatomia di un terrestre che a quella di un centauro… Ma le due specie, pure sviluppatesi su due mondi lontani fra loro quattro anni luce, in due sistemi stellari diversi, si assomigliavano abbastanza da poter usare sostanzialmente gli stessi strumenti.

Il guerrigliero mangiò una confezione di cracker—quattro unità energetiche—bevve un sorso della sua poca acqua—e poi, cercando di stare il più immobile possibile, guardò in giro con il binocolo.

Aveva lo stimolo di orinare. La fece nei calzoni, senza badarci. I terrestri non avevano il naso sensibile di un felino o di un canide, predatori molto meno fortunati di loro. Gli escrementi solidi invece sarebbero stati un problema, più tardi. Da risolvere di notte e con la massima discrezione. Una volta fuori dal suo corpo, avrebbero costituito una traccia sensibile della sua esistenza.

***

I terrestri erano i suoi nemici, il secondo pianeta di Proxima Centauri era la sua patria.

Ci sarebbe ancora stata una patria, dopo l’invasione?

Centauri e terrestri avevano bisogno più o meno delle stesse condizioni climatiche per vivere. I pianeti natali delle due specie erano molto simili. Ottant’anni di contatti interspecie avevano generato una somiglianza anche nell’aspetto delle costruzioni; lo stile Sol-Proxima era il più alla moda, i nuovi quartieri si assomigliavano, Thrulhu sembrava Cinisello Balsamo.

Dove vivevano i centauri, potevano vivere anche i terrestri.

Ecco il perché dell’invasione. Pura e semplice rapacità.

Ma intanto lui era lì a mettere insieme questi pensieri irrilevanti e insensati solo per sfuggire alla paura di essere presto ucciso.

Il guerrigliero scosse la testa, per liberarsi di quel pensiero fastidioso.

Aveva resistito tre giorni, aveva ucciso una mezza dozzina di terrestri. Era già un risultato.

***

Non era chiaro perché la resistenza fosse stata così poca e male organizzata. Le nazioni del pianeta disponevano di forze armate, anche se c’era stato quasi un secolo di pace o quasi-pace. Nella regione in cui abitava, l’opposizione ai terrestri era crollata praticamente subito. Il telegiornale aveva dato la notizia dell’avvicinarsi della flotta ostile, poi dello sbarco delle forze aliene, quindi più nulla. Internet aveva cessato di funzionare. La rete telefonica si era ammutolita subito.  Un paio d’ore dopo, era cessata l’erogazione dell’acqua e dell’elettricità. Il tutto nel più completo silenzio. Si era sentito solo qualche sordo rumore, lontano, ma oltre che esplosioni potevano anche essere tuoni, e non c’era modo di saperlo.

I terrestri erano arrivati in elicottero e su cingolati. Con quella loro aria aliena, con le uniformi disegnate, per ironia, da Rhinth Asdhlhu, il più grande stilista centauro. Lo sapeva perché lo stile era inconfondibile.

Il guerrigliero non aveva visto quasi nessuna resistenza. La maggior parte della gente, inclusa la polizia con tutte le sue armi, si era consegnata agli invasori ed era stata portata via. Portata dove? Tutto poteva essere, ma da lontano si erano sentiti molti spari, nei giorni successivi. Se i terrestri non avessero avuto intenzione di farle del male, avrebbero potuto lasciare la popolazione civile nelle proprie case.

La storia dei terrestri era piena di genocidi a spese di gruppi della loro stessa specie. Non ci sarebbe stato da sorprendersi se avessero deciso di sterminare una specie che non era la loro. Perfino la storia centauriana, molto più pacifica di quella terrestre, contava diversi episodi del genere.

***

Un movimento che colse nel cannocchiale attirò la sua attenzione. Era già l’alba nautica. Un gruppo di terrestri uscì da una delle case—dopo una notte di dolce riposo in un comodo letto centauriano, pensò amaramente il guerrigliero—e iniziò qualche incomprensibile attività. Erano tutti armati.

Le condizioni di visibilità erano buone per tirare, ma non perché loro vedessero facilmente da dove veniva lo sparo, a meno che in quel preciso momento qualcuno non stesse guardando proprio nella sua direzione.

Mise a segno rapidamente due colpi, poi cercò di mostrare la minima superficie compatibile con l’osservazione al cannocchiale.

Notò con soddisfazione che i terrestri si agitavano come pazzi. Non avevano i nervi saldi dei centauri, evidentemente.

Un drone si alzò in cielo dalle vicinanze del gruppo.

Ci sono due modi per abbattere un drone: sparare alla macchina o sparare a quello che la telecomanda.

Nel gruppo c’era uno che armeggiava con una specie di consolle.

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Provarci?

Decise di tentare.

Il terrestre si accasciò sul suo strumento.

Ma il drone continuò a volare. Non era il morto a dirigerlo.

Per il secondo tentativo, mirò direttamente al piccolo velivolo.

Tirò una, due volte, senza riuscire a colpirlo.

Alla terza ci riuscì. Il drone precipitò a terra e finì nel giardino di una casa, incendiandola.

***

Però il gruppo doveva averlo individuato, perché tutti si stavano riparando e uno dopo l’altro sparivano alla vista, il che voleva dire che sapevano benissimo da quale parte veniva il pericolo.

Nei venti minuti seguenti, sempre due alla volta, con piccoli spostamenti di corsa da un riparo a un altro più avanzato, i terrestri si fecero più vicini.

Quando si avviò il megafono, il guerrigliero sobbalzò. Era terribilmente vicino.

La voce diceva, in perfetto centauriano:

«Siamo amici, siamo centauri, non sparare, vieni fuori!»

Centauri? Per un attimo, in preda a una folle speranza, considerò l’ipotesi. Ma fu solo un attimo. Centauri e terrestri si assomigliavano, ma le differenze c’erano e si vedevano.

Quelli erano terrestri, e stavano provando a metterlo nel sacco.

«Andate all’inferno!» urlò in risposta. Sapeva che tra poco sarebbe morto, avrebbero mandato altri droni o sarebbero venuti all’attacco da più direzioni contemporaneamente. Ma lui avrebbe venduto cara la pelle.

Gli gridò ancora in faccia la sua sfida.

***

L’Ispettore d’invasione Dharth Cthulhu si avvicinò con molta circospezione all’ufficiale che comandava il drappello che stava circondando il cecchino.

«Ma quello lì è refrattario, oppure non l’avete ipnotizzato?»

«Né l’uno né l’altro, signore. È ipnotizzato come tutti gli altri.»

«E allora perché ci spara addosso?» chiese Cthulhu. «Se crede di essere un centauro, perché ci combatte? Magari con lui non ha funzionato, no?»

«No no, per funzionare ha funzionato, è perfettamente convinto di essere un centauro. Solo che adesso, maledizione!, non crede più che siamo centauri noi.»

«Vi ammazzerò tutti, maledetti terrestri!» venne la voce dall’alto del terrazzo, in buon centauriano ma con un forte accento terrestre.

«Ecco, lo sente?» disse l’ufficiale.

Paolo Brera

Il veleno degli altri, l’ultimo noir di Paolo Brera – GUARDAblank

 

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Paolo Brera

Paolo Brera è nato nel secolo scorso, non nella seconda metà che sono buoni anche i ragazzini, ma nell’accidentata prima metà, quella con le guerre e Charlie Chaplin. Poi si è in qualche modo trascinato fino al terzo millennio. Lo sforzo non gli è stato fatale, ma quasi, e comunque potete sempre aspettare seduti sulla riva del fiume. Nella sua vita ha fatto molti mestieri, che a leggerne l’elenco ci si raccapezza poco perfino lui: assistente universitario di quattro discipline diverse (storia economica, diritto privato comparato, eocnomia politica e marketing), vice export manager di un’importante società petrolifera, consulente aziendale, giornalista, editore, affittacamere e scrittore. Ha pubblicato una settantina di articoli scientifici o culturali, tradotti in sei lingue europee, due saggi (Denaro ed Emergenza Fame, quest’ultimo pubblicato insieme a Famiglia Cristiana), due romanzi e una trentina di racconti di fantascienza, sei romanzi e una decina di racconti gialli, più un fritto misto di altri racconti difficili da definire. Negli ultimi anni si è scoperto la voglia di tradurre grandi autori, per il piacere di fare da tramite fra loro e il pubblico italiano. Questo ha voluto dire mettere le mani in molte lingue (tutte indoeuropee, peraltro). Il conto finora è arrivato a quindici. Non è che le parli tutte, ma oggi c’è il Web che per chi lo sa usare è anche un colossale dizionario pratico. L’essenziale è rendere attuali questi scrittori e i loro racconti, sfuggire all’aura di erudizione letteraria che infesta l’accademia italiana, e produrre qualcosa che sia divertente da leggere. Algama sta ripubblicando le sue opere in ebook, a partire dalla serie dei romanzi con protagonista il colonnello De Valera.

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