Ma Renzi l’ha proprio giurata al sistema bancario italiano? Si direbbe di sì. Le sue azioni sono state una più dannosa dell’altra, a cominciare da quella di approvare le norme europee sul bail-in come se l’Italia fosse in condizione di applicarle senza danno. Inutile prendersela con l’Europa, se il governo non avesse firmato, o avesse negoziato un periodo di transizione, oggi sarebbe più facile intervenire.
Invece no, abbiamo un problema grosso come una casa e un governo che sembra desiderare la distruzione di tutto il nostro sistema creditizio. Se qualcosa è utile, il governo lo fa troppo poco e troppo tardi. Se è dannoso, ci si ficca, e sta a noi poi raccogliere i cocci.
Per anni i guai delle banche sono stati scopati sotto il tappeto. Il sistema è solido, ripeteva il governo come una macchinetta: tant’è vero, diceva, che non c’è stato bisogno di aiuti di Stato, tranne per il Monte dei Paschi di Siena (Mps). Germania, Francia e Gran Bretagna hanno cacciato centinaia di miliardi per sorreggere le loro banche pericolanti dopo la crisi dei subprime; l’Italia non ha speso praticamente nulla. In realtà del marcio c’era, e negli anni seguenti è cresciuto e imputridito sempre più.
Il problema numero uno del sistema bancario italiano sono i 200 miliardi di crediti non performanti. Il sistema produttivo soffre da decenni per il peso dei parassitismi politici e delle tasse; molte imprese sono alla frutta, non ce la fanno a pagare, e per questo nel sistema è aumentato il peso degli attivi tossici.
La banca in maggiori difficoltà è Mps, la banca considerata riserva di caccia della sinistra politica. Ha una quantità enorme di crediti dubbi e il pessimismo nei suoi confronti deprime tutto il settore, perché genera in tutto il sistema una valutazione troppo bassa dei crediti. Questo rende necessario più capitale per parare le possibili perdite. Se Mps trovasse la via della redenzione, tutta l’Italia ne trarrebbe beneficio. Salva quella banca, le difficoltà delle altre sembrerebbero poca cosa e andrebbero a soluzione in poco tempo.
Ma sul Monte dei Paschi il presidente del Consiglio è intervenuto a gamba tesa. A gennaio, Renzi ha proclamato che Mps era risanato ed era ormai un buon investimento. Parole a vanvera: rispetto ad allora, l’azione ha perso l’80% del suo valore – che non è propriamente la mia definizione di un buon investimento. Poi Renzi ha detto che per le banche preferiva una soluzione di mercato. Ma il mercato visibilmente non era e non è in grado di riportare l’equilibrio, e a queste parole di Renzi il titolo Mps ha perso quota. In luglio la banca doveva pagare allo Stato gli interessi sui Monti bond, sottoscritti dallo Stato come una forma di aiuto quando l’Ue non lo proibiva ancora. Ma il ministro Pier Carlo Padoan ha preteso il pagamento degli interessi sui Monti bond in contanti e non in azioni, come pure si poteva fare: un gravissimo segnale di sfiducia sul “buon affare” di Montepaschi.
Lo scorso weekend Renzi ha rimosso in modo autocratico il Ceo e il presidente della banca e ha messo al suo posto Marco Morelli, che in passato ha patteggiato la pena per un reato finanziario ed era comunque parte del top management con Mussari, l’uomo che ha affondato il Mps. Vedi alla voce: mercato. Lo Stato comanda, gli azionisti subiscono senza essere nemmeno interpellati, che mercato è?
Dopo la sostituzione al vertice, cioè per tutta la scorsa settimana, le banche in Borsa si sono prese una mazzata dietro l’altra. Oggi Mps capitalizza un decimo dell’importo dell’annunciato aumento di capitale, sull’esecuzione del quale si stanno addensando nerissime nuvole. La gestione della crisi delle banche cha ha fatto il governo è fallimentare. Meno tweet e più fatti, e sopra tutto fatti che vadano nel senso giusto, signor Renzi!
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