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Escher, pittore di paradossi

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A Milano è in corso una mostra di Maurits Cornelis Escher, il pittore olandese del secolo scorso (tra parentesi, si pronuncia “Es-kher”, non “Esher”, appunto perché è olandese, non tedesco). La mostra ha pochi quadri originali, e questo è un limite, ma è molto ben allestita e ha veramente l’effetto di insegnare qualcosa sulla pittura di Escher: le tecniche, le riflessioni.

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Resta fuori quello che in Escher ha scoperto Douglas Hofstadter: il paradosso. (Hostadter è l’autore del libro “Escher, Gödel, Bach”, per il quale anche lui, come suo padre, meriterebbe il Premio Nobel.) La mostra non ci riflette sopra, ma il materiale che presenta permette comunque di capirci qualcosa di più

Escher costruisce edifici che a prima vista appaiono normali. Sono come le costruzioni dei paranoici, che hanno un alto grado di plausibilità. In queste costruzioni i dettagli sono scene anch’esse normali: un uomo sale le scale, o tiene in mano una specie di cubo; dell’acqua scorre in un canale e forma una cascata. Ma se si seguono queste piccole scene con lo sguardo, si scopre che l’uomo, salendo le scale, arriva al punto da cui comincia a salire; che l’acqua scorsa giù nella cascata scorre giù per un canale il cui tracciato finisce sull’alto della cascata; che il cubo che l’uomo tiene in mano non è possibile nello spazio vero e proprio. Insomma, dettagli normali si compongono a creare una scena complessiva che da lontano sembra normale ma in realtà è impossibile e assurda.

Ci sono altri aspetti dell’opera di Escher che non mi pare possano definirsi paradossi, ma comunque indicano qualcosa che ci colpisce, come un koan. Io sono rimasto impressionato dall’aspetto paradossale. È come un canone che non scende mai, come un’ingiunzione paradossale alla Watzlawick. Se potete, andate a vedere la mostra. Merita.
Paolo Brera

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Paolo Brera

Paolo Brera è nato nel secolo scorso, non nella seconda metà che sono buoni anche i ragazzini, ma nell’accidentata prima metà, quella con le guerre e Charlie Chaplin. Poi si è in qualche modo trascinato fino al terzo millennio. Lo sforzo non gli è stato fatale, ma quasi, e comunque potete sempre aspettare seduti sulla riva del fiume. Nella sua vita ha fatto molti mestieri, che a leggerne l’elenco ci si raccapezza poco perfino lui: assistente universitario di quattro discipline diverse (storia economica, diritto privato comparato, eocnomia politica e marketing), vice export manager di un’importante società petrolifera, consulente aziendale, giornalista, editore, affittacamere e scrittore. Ha pubblicato una settantina di articoli scientifici o culturali, tradotti in sei lingue europee, due saggi (Denaro ed Emergenza Fame, quest’ultimo pubblicato insieme a Famiglia Cristiana), due romanzi e una trentina di racconti di fantascienza, sei romanzi e una decina di racconti gialli, più un fritto misto di altri racconti difficili da definire. Negli ultimi anni si è scoperto la voglia di tradurre grandi autori, per il piacere di fare da tramite fra loro e il pubblico italiano. Questo ha voluto dire mettere le mani in molte lingue (tutte indoeuropee, peraltro). Il conto finora è arrivato a quindici. Non è che le parli tutte, ma oggi c’è il Web che per chi lo sa usare è anche un colossale dizionario pratico. L’essenziale è rendere attuali questi scrittori e i loro racconti, sfuggire all’aura di erudizione letteraria che infesta l’accademia italiana, e produrre qualcosa che sia divertente da leggere. Algama sta ripubblicando le sue opere in ebook, a partire dalla serie dei romanzi con protagonista il colonnello De Valera.

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