Bank of England taglia i tassi, arriva la recessione. Ai primi passi un circolo vizioso che deprimerà l’economia della Gran Bretagna
La Bank of England, per la prima volta in sette anni, ieri ha tagliato il suo main rate (tasso di riferimento) da un basso 0,50% a un bassissimo 0,25%. Tutti sapevano che l’avrebbe fatto, perché davvero non serviva mangiare pane e volpe tutte le mattine per arrivarci. Egualmente, però, all’annuncio i mercati valutari si sono scatenati, e la sterlina – che si stava in quel momento apprezzando – ha perso rapidamente un po’ meno dell’1,5% sull’euro e sul dollaro.
La Banck of England ha preso anche diverse altre misure per spingere la crescita,. misure che non hanno dato luogo a immediati contraccolpi sui mercati. Perché vi ersa evidenza di un indebolimento dell’economia britannica. In luglio infatti erano uscite cifre e previsioni decisamente fosche, anche se solo ad ottobre ci saranno i dati statistici trimestrali, più significativi. La Banca centrale ha anche ritoccato al ribasso le previsioni per il pil e al rialzo quelle per l’inflazione. Quasi tutti ormai si attendono un’entrata della Gran Bretagna in recessione.
Probabilmente, però, tutto l’establishment politico ed economico sta sottovalutando quello che sta per succedere. C’è come una rimozione di quello che è da tempo il problema nascosto della Gran Bretagna: il suo deficitnella bilancia dei pagamenti correnti. Nei rapporti con l’estero del Paese i conti di beni, servizi, pagamenti dei fattori e trasferimenti unilaterali sono da decenni in costante disavanzo. Ciò vuol dire semplicemente che il Paese utilizza all’interno più risorse di quelle che riesce a produrre.
Per sua fortuna c’è la City di Londra, massimo centro finanziario mondiale, che funziona da spugna per i capitali esteri. Il mondo è pieno di investitori pronto ad acquistare attività in Gran Bretagna. Il conto capitale ha fin qui riequilibrato il deficit corrente senza bisogno di fare ricorso a politiche di stabilizzazione.
Il problema è che i capitali vanno là dove i loro signori e padroni si aspettano una remunerazione. I principali trasferimenti di capitale sono gli acquisti di titoli di Stato, di obbligazioni e di azioni. Ma il fatto è che rendimenti oggi sono tutti a rischio, in primo luogo a causa del deterioramento del cambio della sterlina.
Gli investitori che scrivono i loro bilanci in dollari, euro o yen hanno già subito dal voto sulla Brexit in poi una perdita del 10% almeno sui loro averi denominati in sterline. Adesso se ne profila un’altra, imprecisata nella sua entità ma ormai sicura. In più le cedole calano e gli utili d’impresa sono a rischio per la fase di stanca dell’economia.
Quanto ci vorrà prima che gli investitori esteri mostrino segni di stanchezza? Non molto, temo. Senza notizie di segno opposto, presto chiederanno rendimenti più alti. Se li otterranno, gli investimenti interni arretreranno, perché bisognerà pagare di più i finanziamenti. Se non li avranno, la Gran Bretagna dovrà imboccare la via della stabilizzazione, scoraggiare la domanda interna per riequilibrare i conti con l’estero, In un caso e nell’altro, l’economia entrerà in una recessione che si autoalimenterà.
Paolo Brera