Lo stress test sulle cinquantun banche europee, tanto atteso e tanto temuto, è arrivato, è passato, e non è stato così male come si temeva. L’unica banca che è stata messa nell’angolo con il cappello a orecchie d’asino è stata Montepaschi, mentre tre delle altre quattro sono passate non bene, benissimo.
Eppure oggi, lunedì, in Borsa il settore bancario è nella buriana. Paradossalmente, a cavarsela è più o meno solo il Montepaschi, perché il suo piano di risanamento fa sperare. Le altre banche, quale più quale meno, hanno avuto i loro guai: perfino le grandi, anzi perfino Banca Intesa che nello stress test è risultata una delle migliori d’Europa, subiscono sospensioni per eccesso di ribasso. Unicredit, non ne parliamo: dovrebbero ribattezzarla Unidiscredit. Ma anche Ubi e altre. Che cosa sta succedendo?
In parole semplici: il mercato è stufo marcio. Per anni il governo è stato a guardare mentre montavano i problemi del settore; tutte le cosiddette riforme, che tanto piacciono all’un per mille della popolazione mondiale (la finanza), non valgono a risollevare l’economia, dalla quale in definitiva dipende la buona salute del settore creditizio. Per giunta Renzi ha molto inasprito la tassazione sulla Borsa, più alta e più ingiusta che negli altri Paesi europei, come se la Borsa non contasse niente e non fosse il volano degli investimenti in capitale di rischio.
Di qui la tempesta. Certo, Montepaschi ha un piano. Era ora: l’azione, mentre lorsignori ponzavano il da farsi, ha perso il 70% del suo valore. Lunedì l’azione è partita con un aumento dell’’8%, prima di cominciare a cedere. A differenza di altre banche, resta pur sempre in terreno positivo (ma vedremo come sarà alla chiusura!). Il mercato insomma non ha deglutito senza problemi il piano di riequilibrio, con tutto che ha avuto il placet della Bce. Il Grande Sospiro di Sollievo Senese non ha convinto interamente. E una cosa come la distribuzione diretta agli azionisti della tranche junior dei crediti deteriorati da cedere, cioè la tranche che vale solo una frazione del valore nominale oppure zero del tutto, ha il sapore di una presa per il donder.
Arrivano intanto poche altre notizie oltre alle quotazioni di Borsa. Il Fondo Atlante ha comunicato che opererà solo su una parte della cartolarizzazione dei crediti, e precisamente sulla tranche mezzanina (cioè intermedia: quella che non ha nessuna garanzia dello Stato, viene pagata dopo la “crema” ma viene comunque favorita rispetto alla tranche elargita al parco buoi). La tranche mezzanina ammonta solo a 1,6 miliardi. Il Fondo Atlante otterrà anche warrant per partecipare all’aumento di capitale del Monte dei Paschi, mediante un ulteriore aumento di capitale, con esclusione del diritto di opzione, per un ammontare pari al 7% del capitale fully diluted dopo il completamento dell’aumento.
Per tutta questa operazione Montepaschi si è preso una legione di consulenti: in tutto spenderà 600 milioni, il 12% degli introiti massimi che verranno dall’aumento di capitale. Un consorzio di garanzia assicurerà il buon esito della cartolarizzazione e della successiva raccolta di mezzi. Il resto è lasciato al buon cuore del mercato e allo scarso discernimento del relativo parco buoi.
Venerdì sera l’amministratore delegato Fabrizio Viola ha detto che «Il piano industriale sarà presentato a settembre prima della ricapitalizzazione. A ottobre-novembre si terrà l’assemblea degli azionisti per l’approvazione delle operazioni ed entro fine anno concluderemo l’aumento di capitale е il deconsolidamento delle sofferenze». Speriamo che il mercato non perda ogni fiducia prima di quel momento.
Paolo Brera