Provenzano è morto. Aveva 83 anni, svariati problemi di salute, un’interessante fedina penale e pochi, pochissimi, amici.
Quando venne beccato nel suo covo, una decina d’anni fa, provo’ ad esibirsi in un ultimo bis da standing ovation.
“Non sapete cosa state facendo” sibilo’ tra i secchi denti rimasti.
Che gran colpo di teatro!
Le sue bibbie, i suoi pizzini, le sue inenarrabili nefandezze…
E come barcollava con le manette ai polsi. Come si lasciava trascinare verso l’oblio.
Altro che Scarface col mitra in mano a bordo piscina a far fuoco contro i nemici.
Altro che Il Padrino che viene soccorso in ospedale e “trasferito” in un tripudio di pallottole.
Altro che Mary Poppins che vola via dalla casa dei Banks impugnando un ombrello.
Il boss della mafia, l’inafferrabile Zi Binnu, muore come un qualsiasi vecchio.
In un letto d’ospedale, fregato dalla prostata, dagli anni, dalla vita.
Nel frattempo, a centinaia di chilometri dall’ospedale San Paolo, decine di innocenti subivano la medesima sorte.
C’era anche un bambino di 15 anni tra le lamiere.
15, non 83.
Sessantotto anni di differenza per morire quasi nello stesso istante.
Saranno state tutte quelle bibbie, o il tanto vituperato “errore umano”.
Resta il fatto che Provenzano e’ morto. E Antonio pure, assieme a tutti gli altri.
Resta il fatto che il cielo, da ieri, svuota secchiate di lacrime sulla nostra acconciatura perfetta.
Lacrime di dolore per la povera gente morta in Puglia.
Lacrime di gioia per la, seppur tardiva, dipartita del boss mafioso.
Noi, in fondo, siamo solo povera gente con un pettine in mano.
Domani ci dimenticheremo di nuovo di Schettino e Messina Denaro sarà un ottimo pretesto per una fiction in prima serata.
Del resto le previsioni non mentono: sarà un weekend di sole.
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