Francesco Totti resterà alla Roma come calciatore ancora per una stagione, poi tra un anno appenderà le scarpette al fatidico chiodo e intraprenderà la carriera dirigenziale (in giallorosso ovviamente) nelle vesti di direttore tecnico. Questo Totti, vale a dire il giocatore fantasticamente appassionato, forte, estroso, tecnicamente dotato e in grado, ecco di tirare fuori dal suo cilindro una magia, nell’annata conclusa da poco, spesso, gestito da mister Luciano Spalletti (c’era ruggine tra i due, passata la burrasca hanno fatto pace. Durerà l’armistizio?) e inserito a venti minuti dalla fine, contro difese massimaliste e stanche ha fatto la differenza. Soprattutto per questo, all’Italia del Ct Antonio Conte (a proposito: in bocca al lupo al suo successore Ventura), nell’avventura all’Europeo (competizione corta ove fortuna e guizzi contano) sarebbe servito. Sì in nazionale, visto che Berardi è rimasto a casa, il Capitano romanista, opportunamente dosato, avrebbe potuto recitare il ruolo della mina vagante dotata di fantasia risolutiva e genio. Ma Conte non l’ha chiamato, quindi continuare a battere su e questo tasto serve esclusivamente a fare retorica. Meglio aspettare e vedere se, tra qualche mese, all’inizio del campionato, Francesco Totti fu Pupone (se Pallotta non l’avesse confermato avremmo assistito a una rivoluzione all’ombra del Colosseo), riuscirà ancora a incidere (e decidere) allorquando Spalletti (sarà davvero felice l’allenatore toscano della conferma del Capitano non giocatore?) lo chiamerà in causa.
Stefano Mauri