Il genere del “reality film” ha preso piede agli inizi del nuovo secolo. Ha fatto da apripista una pellicola, The Blair Witch Project, uscita nel 1999, che sollevò notevole scalpore.
Una parte della critica la ritenne eccessivamente inquietante e quindi inadatta al pubblico delle nuove generazioni, cui strizzava l’occhio in quanto autori e protagonisti erano tutti giovani dilettanti, poiché troppo giocata sull’equivoco che non di fiction si trattasse, ma di terribili esperienze di vita imprigionate per caso da una telecamera amatoriale.
Nonostante i molti detrattori ( ma forse grazie a loro …) il film ha avuto non solo un grande successo di cassetta, e fin qui nessuna sorpresa, ma persino numerosi riconoscimenti, tra cui il prestigioso Premio giovani al Festival di Cannes.
A mio giudizio la pellicola era parecchio mediocre, ma non è questo che ci interessa, bensì i numerosi seguaci che ha trovato fino ad oggi.
La formula è molto semplice: invece di narrare una storia con i normali mezzi cinematografici professionali la si presenta, fintamente, come il filmino girato da amanti delle autoriprese da rivedere poi con gli amici.
L’ambito privilegiato del reality film è senza dubbio l’horror (fin dagli inizi, visto che a questa categoria apparteneva The blair witch project) e non si stenta a comprenderlo: assistere a una vicenda spaventevole come se si svolgesse sotto gli occhi di uno sprovveduto cineamatore alimenta la paura.
Il reality film non ha mancato di sconfinare nella fantascienza: ricordo, per esempio, Cloverfield di Matt Reeves, un film del 2008 che propone la storia non proprio originale ( King Kong e Godzilla insegnano) di un mostruosa creatura aliena che sconvolge Manhattan. Questa volta, tuttavia, a riprenderne le gesta sono alcuni ragazzi newyorkesi, che stavano filmando con una cinepresa la loro festa, interrotta dall’evento catastrofico.
Balza agli occhi che il “reality film” mal si concilia con la fantascienza cinematografica. Componente prima di questultima è la spettacolarità delle immagini , e se si finge che ciò che si vede è frutto di registrazioni estemporanee da parte testimoni occasionali vi si deve rinunciare.
Vi si dovrebbe rinunciare perché Europa Report, un film del 2013 di Sebastiano Cordero, immeritatamente poco conosciuto, tenta, con pieno successo, di abbinare il reality film addirittura alla space opera, il sottogenere della fantascienza più legato a scenari grandiosi ed effetti speciali.
L’Europa del titolo, lo avrete già capito, non è il buon vecchio continente che ci ospita, bensì uno dei satelliti di Giove, o meglio lune gioviane, secondo la definizione di Galileo.
L’affascinante corpo celeste, coperto dai ghiacci malgrado la vicinanza col ribollente gigante gassoso del sistema solare, ha già avuto a che fare con la fantascienza, in particolare nel romanzo di Clarke 2010 Odissea due, seguito del famosissimo 2001 Odissea nello spazio.
Soprattutto Europa è al centro del dibattito scientifico dopo che la sonda Voyager parrebbe aver trovato indizi di un oceano liquido sotto la sua superficie. Se fosse vero, non sarebbe da escludere la presenza di vite acquatiche sul satellite.
Europa report parte proprio da questo: è la storia dell’esplorazione di Europa da parte un’astronave terrestre, con equipaggio significativamente cosmopolita, alla ricerca di vite aliene.
Il regista, in ossequio ai canoni del reality film, ci fa credere di aver realizzato un documentario sul viaggio di Europa One, veramente avvenuto in un prossimo futuro.
Si inizia con le interviste ai protagonisti, astronauti e responsabili tecnici del progetto, e con le immagini del decollo. Il seguito è basato sulle immagini che le telecamere di bordo rimandano sulla terra, non solo quelle dei collegamenti effettuati a beneficio del pubblico televisivo, ma anche quelle, private, della vita quotidiana sull’astronave.
Mutatis mutandis, “Il grande fratello” in un contesto narrativamente molto più interessante.
Il dipanarsi della trama tiene col fiato sospeso, sia perché, come nella migliore tradizione dei film sui viaggi spaziali, ci sono sorprese e imprevisti, sia perché alla normale suspance se ne assomma un’altra, inusuale e assai accattivante: le immagini, per la distanza tra Europa e la Terra, non arrivano in tempo reale, e mentre le vediamo qualcos’altro, anche se non sappiano cosa, è già accaduto.
Sulla storia, onde evitare indebite anticipazioni, non dico altro.
Mi limito a segnalare che il pregio maggiore del film, a parte il valore umano dei personaggi, molto uniti nostante la diversa estrazione, sta proprio nell’approfondire, a più livelli, lo scarto (ma davvero cè?) tra film e realtà.