Elio è l’emblema di una passione rivoluzionaria che ha coinvolto una generazione nata nel decennio a cavallo degli anni ’40-’50. Nel senso più esaustivo del termine, perché non si limita a una passione per il lavoro politico (esploso come per molti di noi nelle piazze degli anni ’70 con un fermento sociale che non lasciava indifferenti) fatto di aspirazione all’eguaglianza sociale, al concetto più puro di giustizia e di lucidità ideologica. Elio rappresenta quel passo in più, quel percorso che lo ha spinto ad andare “…a prendere posto di fianco ad un popolo che lotta, in prima linea, perché non ci sono seconde linee in una dittatura sanguinaria. Non esistono spazi per mediazioni.”
La storia di Elio ce la racconta il fratello, Gianni Ferraris, sulle pagine del libro a lui dedicato e recentemente pubblicato da Spagine. Come fosse una promessa da mantenere, un impegno a voler rendere omaggio a quelle parole scritte dallo stesso Elio in una sua lettera “…rispetta e difendi la mia scelta di vita, i valori morali, spirituali e sociali che essa contiene. Senza nulla concedere a romanticismo e all’avventurismo…”
L’autore segue proprio questa traccia. Si muove quasi in punta di piedi, forte di una maturità acquisita con il tempo e più di vent’anni dopo la morte del fratello. Il compagno Elio cadde nel 1992 mentre combatteva in appoggio al Fronte di Liberazione salvadoregno. Una morte accompagnata da una comunicazione asciutta, per comunicare la notizia alla famiglia insieme ai suoi documenti e pochi effetti personali. Quel giorno si apre una ferita profonda in Gianni Ferraris, e forse si placa dopo un lungo travaglio interiore proprio nella capacità di dare fiato alla propria memoria, di ricostruire in questo libro/dialogo (con il fratello) il profilo di una forte personalità contrapposta all’incedere crudele della storia che da sempre cerca di chiudere i popoli in gabbia e separare idee comuni. La vita di Elio si spegne armi in pugno in un mondo distante, tra le foreste del Salvador, ultima tappa di un viaggio che lo aveva spinto a lasciare Solero (il piccolo comune in provincia di Alessandria) per andare a Molfetta a fare lavoro politico come militante di Lotta Continua, infine a varcare le frontiere sudamericane. Ma la sua esistenza spenta in modo drammatico si riaccende grazie alla scintilla del ricordo. Prende vita grazie allo strumento della narrazione di Gianni, del suo saper ricomporre una grande quantità di particolari e sfumature come un mosaico di grande valore. Il valore del coraggio, della forte idealità. E forse della nostalgia.
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