La spinosa questione dell’utero in affitto visto da tre lati differenti
ATTO I – Una donna
Non è che abbia mai avuto paura di qualcosa. Dei ragni, forse, o dei pagliacci. Ma nulla di troppo serio, insomma. Nulla che mi costringesse a dire “Questo non posso farlo” o che mi obbligasse a cambiare strada alla vista di un cane mastodontico o di un serpente. Non che mi sia mai capitato d’incrociare un serpente, ovviamente. Però, voglio confessarlo, questa cosa mi spaventava un po’.
Quando mi hanno chiamata e spiegato la situazione, per prima cosa, mi sono fatta due calcoli. Erano un mucchio di soldi, anzi, un MUCCHIO di soldi. Più di quanti ne avessi mai visti o sognati di avere. Qua, dalle nostre parti, con tutto quel denaro ci puoi vivere serenamente per tre o quattro anni. Il giorno prestabilito, però, qualcosa mi ha fatto tremare. Ero lì, sull’autobus, con un milione di persone attorno che urlavano e mi spintonavano e mi ritrovai a ripensare a mia madre che, prima di morire lasciandomi definitivamente sola, si era limitata a guardarmi negli occhi cercando un sorriso soffocato dalle rughe. Niente ultime parole. Niente lasciti. Niente ricordi da condividere. Niente di niente,
Se n’era andata lasciandomi una montagna di debiti e una baracca fatiscente lungo la statale.
Ero lì, a rimuginare sulle mie sfortune, quando l’autobus inchiodò. Qualcuno cadde e qualcun altro imprecò.
“Fottuto ragazzino” gridò l’autista sporgendosi oltre il finestrino aperto sull’estate desertica “La prossima volta ti tiro sotto.”
L’autobus riprese a muoversi con un sobbalzo ed io trovai, oltre il vetro sporco, il ragazzino in questione con lo sguardo atterrito sul bordo della strada. Aveva una mezza dozzina di libri tra le braccia ed un altro paio ai suoi piedi.
Gli sorrisi ma lui parve non vedermi.
Quando scesi dall’autobus, tre fermate dopo, l’ospedale del paese aprì le sue porte ad una nuova storia.
ATTO II – Due uomini
Era un gran passo per noi. Quando ne parlai a Victor, i primi di Settembre credo, lui si dimostrò subito entusiasta all’idea. Ci sapeva fare con i bambini, me n’ero accorto subito vedendolo giocare con i figli di sua sorella, due pesti incontrollabili. Cominciammo ad occuparci la sera stessa della questione.
La trafila fu lunga. Decisamente più del previsto.
Le leggi italiane ci costrinsero ad aggirare l’ostacolo in qualche modo. Fu necessario farci prestare del denaro da parenti e amici.
“Per me state facendo una cazzata” sostenne Manolo una sera, a cena.
“I bambini sono una gran rottura. Sporcano, puzzano e ti esauriscono. Chi ve la fa fare? Non siete abbastanza felici così?”
Victor mi prese la mano e la strinse forte, più di quanto abbia mai fatto.
“No” rispose semplicemente.
Manolo sorrise e ci fece un assegno.
“A patto che abbia il mio nome” aggiunse sventolandolo con un sorriso.
Allestimmo una cameretta dipingendo sui muri aeroplanini rossi e bambole sorridenti. Victor, in fondo, è sempre stato l’artista di casa.
Una coppia di amici ci passò delle tutine da neonato e dei giocattoli.
Un’altra coppia un passeggino, una culla e dei libri di favole.
Ricordo che, già mesi prima della nascita, io e Victor ci sedevamo sul tappeto della cameretta, la culla in mezzo, e leggevamo a turno favole fino a che non crollavamo addormentati con il cuore gonfio di gioia e speranza.
Sembra passato un secolo.
ATTO III – Una bambina
Ehi! Mi sentite?!
Ragazzi, che caldo qua dentro…
Sono nove mesi che sguazzo come un girino e non vedo l’ora di vedere cosa c’è fuori da qui. Sento voci, suoni e respiri ma niente di troppo stimolante. Alla lunga ci si annoia anche nell’utero.
Da qua posso sentire un cuore che batte sopra la mia testa. All’inizio era fastidioso, poi è diventato rassicurante.
Ora mi concilia il sonno, come una specie di nenia soffusa.
Sapete… Quello è il cuore della mia mamma!
Tra qualche anno, quando sarò in grado di parlarne, le dirò:
“Io ho sentito il tuo cuore battere accanto al mio orecchio” e ne rideremo assieme.
Poi mi abbraccerà forte e…
Un attimo.
Sta succedendo qualcosa.
Un terremoto!
ATTO IV – Una famiglia
“Ehi, Melissa. Non è ora di fare la nanna?”
“Ancora cinque minuti, papà. Ti prego.”
Davide, sulla porta, sta per rispondere. Victor gli compare alle spalle e gli scompiglia i capelli argentati con una mano.
“Domani è sabato” dice “Lasciala su finché vuole. E’ la sua trasmissione preferita.”
Melissa salta giù dal letto e corre ad abbracciarlo.
“Grazie papà” gli dice.
Poi, con la testa appoggiata sul suo petto, aggiunge:
“Sento il tuo cuore che batte.”
E questo le basta.
Alex Rebatto