Il processo a Salvatore Perrone, serial killer di Brooklyn che nel 2012 uccise tre commercianti. I vicini: “Sembrava uno che aveva visto troppe volte Il Padrino”. Si presentava come agente della Cia
Il muso allungato, il baffo curato e lo sguardo severo, somiglia vagamente al Marlon Brando de Il Padrino. E ora, in effetti, lo dicono anche i suoi vecchi vicini di casa: «Era il tipo di persona che sembrava aver visto troppe volte “Il Padrino”». Così ha detto ad esempio, Ben Elchonen, 26, che viveva nello stesso condominio: «Parlava spesso come se fosse un agente di polizia. Una volta gli chiesi che ci facesse sul tetto del palazzo e rispose: “Ci hanno segnalato che qualcuno stava lanciando delle uova da qui”. Aveva questo pesante accento italiano, ma è come se giocasse una parte, un ruolo in un film».
Un film da protagonista per il serial killer Salvatore Perrone, 66 anni, sofferente di accentuato disturbo della personalità, oggi in aula per un processo vero: il suo, accusato di tre omicidi commessi nel 2012.
Non che ci siano dubbi sul fatto che l’assassino sia lui.
Quando lo hanno arrestato dopo l’ultimo delitto, si è rifiutato di parlare se non di fronte ad agenti della Cia o dell’Fbi. Il 2 agosto 2012 era stato ammazzato a colpi di pistola in faccia e coltellate un commerciante ebreo di Brooklyn, Isaac Kadare, trovato morto nel suo negozio. Gli erano stati anche portati via 900 dollari. E Perrone, il tono grave e la faccia torva, aveva risposto che sì, gli era stato ordinato dalla “sezione palestinese della Cia” di uccidere degli ebrei per conto degli arabi.
Una questione religiosa, insomma.
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Se non fosse che le altre due vittime erano musulmane: Mohammed Gebeli, 65, anni, egiziano, era stato ucciso dalla stessa pistola il 6 luglio. Mentre Rahmatollah Vahidipour, iraniano di 78 anni, era stato finito il 16 novembre. Tutti i cadaveri erano stati ricoperti con cartoni o indumenti. E l’unico collegamento tra le vittime sta nel fatto che nessuno dei negozianti aveva installato le telecamere di sicurezza.
A Rafael Picshardo, altro negoziante di abbigliamento, è andata bene per questo: lo stesso giorni dell’ultimo omicidio Perrone si era presentato infatti anche da lui. Era rimasto lì a guardare per un pezzo, senza rispondere ad un normale saluto di cortesia. Poi, una volta vista la videocamera, si era allontanato.
Ad incastrarlo sono state le immagini che tanto lo ossessionavano: quelle delle telecamere dei negozi adiacenti che lo immortalavano per strada mentre si allontanava dalla scena del crimine con il “kit dell’assassino”, così come lo ha ribattezzato la polizia: una valigetta ritrovata nascosta dietro al divano di casa della fidanzata. Dentro, c’erano un fucile a canne mozze compatibile con i bossoli ritrovati. E un coltello insanguinato.
Considerato capace di intendere e di volere, rischia 75 anni di prigione. Là, avrà tutto il tempo per frequentare dei corsi di recitazione.
Edoardo Montolli per Gqitalia.it
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