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Giovanni Brusca, 150 omicidi alle spalle: “Sono cambiato”

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“Sono cambiato…  sono una persona diversa. Non sono più il crudele uomo di mafia di vent’anni fa”. E se a dirlo è Giovanni Brusca possiamo gridare al miracolo.

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Ebbene sì, ‘u scannacristiani, ‘u verru (il porco) perché così lo chiamavano i suoi amici mafiosi ha letto gli articoli di Oggi e ha deciso di precisare alcuni punti. Tiene a farci sapere che si è indignato pure lui. Non per i permessi ricevuti, certo che no… si è stupito del clamore e della rabbia suscitati dalla notizia dei suoi cinque giorni al mese di libertà. Attraverso i suoi legali, Simona Celebre e Manfredo Fiormonti, ci fa sapere che la condanna che sta espiando è in gran parte frutto delle sue dichiarazioni auto-accusatorie. Insomma, che  su 150 omicidi, strage di Capaci inclusa, si è fatta luce anche grazie alla sua intensa e straziante confessione.

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Risponde alla nostra curiosità sui week end a casa o in carcere, precisando che i suoi permessi  “sono regolati e disciplinati dall’ordinamento penitenziario”. Solo per questo non dovrebbero turbare?

Ci fa sapere che in carcere ha studiato  e che attraverso i libri e le letture è anche maturato. Che si è trasformato in un uomo buono e compassionevole. Che disprezza il suo passato. Da lei, caro signor Brusca, folgorato come San Paolo sulla via di Damasco vorremmo ben altro delle sue “dichiarazioni spontanee”. Ci interesserebbe sapere del suo arresto, successivo al discorso di Mestre di Totò Riina e precedente alle dichiarazioni che hanno condannato all’ergastolo un figlio del Capo dei Capi. Ci piacerebbe sapere perché è solo nel 2011 che lei decide di parlare di Marcello Dell’Utri, dopo ben 15 anni dall’inizio della sua collaborazione… Una reminiscenza tardiva e  recidiva che nel 2013 la porta a puntare il dito contro l’ex presidente del Senato Nicola Mancino: “E’ lui il destinatario finale del papello”, questo dichiarò all’udienza preliminare dell’inchiesta per la trattativa Stato-mafia…  Scusi, caro signor Brusca, perché ci ha messo così tanto tempo per ricordare due nomi? Possiamo pensare, così come ha dichiarato l’ex pm Antonio Ingroia al nostro settimanale, che lei sappia ben altro? Che ci siano altri nomi in angoli nascosti della sua memoria, magari di politici ancora oggi al potere? Non ce ne voglia, se dubitiamo della sua fedele collaborazione. Una curiosità: per chi votò lei nel 1994? Questo se lo ricorda?

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PERDONO- Ci fa sapere di aver chiesto perdono ai familiari delle sue vittime e di averlo fatto durante i vari procedimenti penali in cui è stato escusso come teste. Di aver chiesto scusa a tutti, “pubblicamente e indistintamente”, contrariamente a quanto affermato dall’avvocato Monica Genovese, legale di Franca Castellese e Nicola Di Matteo, madre e fratello del piccolo Giuseppe, il bambino ucciso e sciolto nell’acido dopo due anni di prigionia. E di torture. A questa sua precisazione è l’avvocato Genovese a rispondere: “Nessuna questione personale nei confronti di Giovanni Brusca ma dichiarare di aver chiesto scusa a tutte le vittime, incluse quelle inserite nelle varie guerre fra cosche paragonando, in questo modo, l’omicidio di un bambino agli altri, non è chiedere perdono. Brusca deve leggere ancora tanti libri e fare ancora tanta strada per capire quanto è successo e quanto grave sia stato il gesto compiuto. Al di là di questo siamo felici che un uomo come Brusca possa essere migliorato e possa aver in parte capito quali siano le sue colpe. Ma alla luce di quello che dice mi sembra che il suo percorso non sia ancora terminato”.

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LE PREGHIERE- Giovanni Brusca prega nella solitudine della sua cella perché “per sua scelta ha deciso di vivere questi anni di detenzione in una sorta di 41 bis volontario…rinunciando ad avere contatti con chi ha vissuto il suo passato”. Da solo, con un Dio adeguato alle sue di esigenze, e diverso da quello che pregano i familiari delle sue vittime.

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VERSO I DOMICILIARI – Giovanni Brusca ci fa sapere attraverso i suoi legali, Simona Celebre e Manfredo Fiormonti, che potrebbe usufruire della detenzione domiciliare. E questo, consentitelo, ci fa venire i brividi. Ci fidiamo degli operatori che hanno redatto le cosiddette relazioni di sintesi, che lo hanno osservato, ascoltato e che lo hanno visto trasformarsi in questi anni di detenzione…  “Quasi venti, passati in un volontario isolamento. Per riflettere, per leggere, per prendere le distanze dal passato”. Studia storia contemporanea. Ma nella sua cella non sono mai entrati professori né Giovanni Brusca ha mai chiesto permessi per frequentare all’esterno scuole o università. E’ un autodidatta. Per scelta. Per sicurezza. Perché il suo aspetto è cambiato come la sua anima. Ha perso chili e capelli… Un cambiamento che lo tutelerà quando sarà fuori, in mezzo alla gente. Quando tornerà in Sicilia, perché questo sogna di fare. Di tornare a casa… Nella sua terra “adorata e bella” che lui stesso ha contribuito a insanguinare.

Raffaella Fanelli per Oggi

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Raffaella Fanelli

Vivo a Milano, ma sono quasi sempre a Roma o a Taranto. Già a 19 anni ero iscritta all'albo dei giornalisti professionisti. A 21 mi sono laureata in Scienze Politiche e a 26 sono diventata mamma. Collaboro con il settimanale Oggi da dieci anni. Sempre da giornalista precaria ho scritto per Sette (del Corriere), Repubblica, Panorama, Visto, Tu Style, Stop, Gente. Nel 1990 ho vinto la prima edizione del premio Smau, nel 1997 la prestigiosa penna d'oro per la cronaca e nel 2014 il premio "genio della donna" assegnato dall'Ucsi, Unione cattolica stampa italiana. Con Aliberti ho pubblicato Al di là di ogni ragionevole dubbio, il delitto di Via Poma e con EdizioniANordest Intervista a Cosa Nostra. Giro e monto interviste per la televisione svizzera, e oltralpe ho pubblicato l'ultima intervista rilasciata da Licio Gelli. Trentacinque gli assassini che ho inseguito e intervistato. Tre i serial killer. E prima o poi racconterò il dietro le quinte di adrenaliniche interviste, di inseguimenti e scatti fotografici rubati. Intanto ho pubblicato il mio incontro con Felice Maniero. Per il settimanale Oggi ho intervistato Salvatore Riina e Angelo Provenzano, Gaspare Mutolo e Bruno Contrada, Salvatore Borsellino e Giovanni Impastato. Ho scritto di mafia. Ma non solo di quella. Sono entrata in punta di piedi e di penna nella vita di centinaia di persone e in molte di queste vite sono rimasta. Ho lavorato in televisione, prima a Verissimo e a Quarto Grado, poi a Chi l'ha visto, infine a Lineagialla. Un corso di doppiaggio mi ha portata in radio e in Agr, l'agenzia radiotelevisiva di Rcs dove sono rimasta per dieci anni. Di me hanno detto che sono una "pazza costruttiva", che sono "fastidiosa" e pure asociale. Non ho un partito di riferimento, leggo molto e viaggio poco. Non ho una pagina di Wikipedia col mio nome. Continuerò a scrivere a cottimo e a chiamata ma continuerò a scrivere. Perché è l'unica cosa che so fare.

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