Milanese classe ’79, un figlio, Alex Rebatto ha un passato come cantore della malavita milanese e grande amico del boss Renato Vallanzasca. Coautore della biografia romanzata sulla vita del Re delle bische Francis Turatello, detto Faccia d’angelo e legato da profonda amicizia con Eros, il figlio dello stesso, diventato persino suo compare d’anello. Nel 2014 ha pubblicato sulla piattaforma Amazon il romanzo “Nonostante Tutto” che ha scalato per mesi le classifiche di vendita.
Di Johnny Santini
L’ho trovato in un bar gestito da alcuni suoi amici, nel quartiere gallaratese a Milano, davanti ad una birra e con un cappello nero fuori dal tempo calcato sulla testa. Mi ha sorriso come un vecchio amico e ha fatto cenno al barista di raddoppiare il carico di bionda chiara alla spina.
“Ne è passato di tempo” ha esordito spostando di lato il quotidiano uscito al mattino e salutando con un cenno un ragazzo di sua conoscenza, al di là della vetrina, illuminato da un lampione acceso.
Alex, ce n’è voluto per buttare giù una raccolta di racconti.
Ho avuto un po’ di cose da sistemare (sorride). Ci sono alcuni momenti nella vita in cui le cose ti escono di getto e altri in cui sei costretto a soffermartici sopra per talmente tanto tempo da dimenticartene il motivo. Grazie a dio non sono Salgari e non ho vincoli di nessun tipo. Tiro fuori qualcosa solo quando ne sento il bisogno e quando penso che qualcuno possa esserne interessato. Altrimenti mi limito a scrivere stronzate per la rete e tiro a campare.
Che argomenti affronti nei tuoi racconti?
Non credo possano essere racchiusi tutti in un contenitore a cui dare un nome. Ognuno ha una sua anima ed esiste perché ne ha un motivo. Ti faccio un esempio: qualche mese fa lessi su una rivista da due soldi di un episodio tragico avvenuto negli Stati Uniti in cui una madre venne trovata dalle forze dell’ordine mentre spingeva sull’altalena sua figlia senza vita. Ci lavorai di fantasia e provai ad immedesimarmi nella donna. Perché dover uccidere una figlia? Mi chiesi. Il fotografo che ha realizzato la foto per la copertina del libro, basata appunto sulla vicenda, mi fece i complimenti. Ci sono cose che sembrano inspiegabili finché non provi a comprenderne il contorno, mi disse. Ecco, “Tutte Storie” riassume decine di vite diverse, alcune cupe altre meno, ma che portano tutte nella direzione più impensabile da principio.
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A proposito della copertina: è davvero straordinaria.
Merito di Armando, un fotografo professionista, e di sua moglie Michela. Hanno cercato a lungo un’altalena che si adattasse alla vicenda e alla fine, dopo vari sopralluoghi, hanno scoperto quella poi riportata in copertina all’interno di una cascina nel lodigiano. Ci hanno messo un gran cuore e gli sono riconoscente.
Il nome di Eva ricorre in almeno due racconti. Chi è Eva?
Premetto: sono due personaggi ben distinti. Ho adottato questo nome perché mi dà l’idea di una donna forte e pura. Alla fine è diventato quasi un marchio di fabbrica. Nella prima storia “L’orologio di Eva” la protagonista è vittima di una terribile malattia e, inaspettatamente, la incontra sotto forma di giudice su un tram a Milano e vi stringe amicizia. L’altra, invece, dal titolo “Eva nel fuoco” prende spunto da un fatto realmente accaduto ad una persona a me vicina e c’è di mezzo una situazione famigliare complicata e un omicidio.
Alcune storie, in particolare “La favola del piccolo operaio” e “2087”, hanno una matrice politica evidente e affrontano tematiche importanti.
Già. Il primo, brevissimo ma intenso racconto sull’operaio, ha un sapore di rivalsa nei confronti di tutti i cosiddetti “padroni” insensibili al malessere degli ultimi. 2087, plausibile sequel del romanzo ancora mai pubblicato “2084”, riassume le vicende di un gruppo di ribelli impegnati a difendere i lavoratori dalle ingiustizie. Una sorta di BR romantiche, in un certo senso, o di A-Team blasfema.
Chi sono Marta e Agnese, protagoniste del racconto che apre e chiude il libro?
Sono due anziane coinquiline. Una zitella e l’altra vedova. Dividono l’appartamento con un gatto di nome Malcontento e si dedicano al lavoro a maglia, alla cucina e allo cherry. Una di loro ha un figlio giornalista che si occupa di cronaca nera e una sera, durante una cena, esce fuori il caso di un ragazzo trovato ucciso sul retro di un furgoncino di proprietà di un contrabbandiere scomparso da anni. Le due donne, affascinate, cominciano ad indagare senza, però, mai lasciare il divano. Insomma, una strana coppia in chiave moderna (sorride).
“Storia d’amore” e “Una gran bella storia d’amore” sono usciti anche su Cronaca Vera, giusto?
Sì. A distanza di un anno l’uno dall’altro. Hanno un filo conduttore che li unisce e trovo che meritassero ancora un’occasione per essere conosciuti. Li ho scritti in un brutto periodo e tra le righe si può ancora respirare un malcelato odio che oggi, finalmente, si è trasformato in indifferenza.
Il racconto intitolato “Otto” è disarmante nel suo freddo cinismo.
E’ una storia spietata. Parla di un uomo sconfitto dalla vita che prova a rimettersi in piedi ma inciampa mille volte prima di trovare il modo giusto per non affogare nel whisky, nel gioco d’azzardo e nella cattive compagnie.
Allegria!
(Ride).
C’è sempre una vena sarcastica in quello che scrivo, anche nelle cose più dure. “L’anima del nero” ne è l’esempio. La verità è che cerco di esplorare le sensazioni più forti e di tirarle fuori in qualche modo provando a renderle comprensibili e interessanti. Un uomo che ride sempre, in fondo, è meno interessante di uno eternamente combattuto.
Ultima domanda: come mai la decisione di pubblicare su Amazon?
In realtà, al momento, non trovo alcun motivo per cercare un editore che possa seguirmi seriamente. Attualmente le case editrici puntano sul digitale. Mettono sotto contratto aspiranti scrittori, gli piazzano in rete le opere e dividono gli incassi. Un affare: guadagnano senza investire alcunché. Per questo va alla grande il genere “romantico”. Se guardi le classifiche Amazon potrai trovare raccontini adolescenziali superare nelle vendite mostri come King o Wilbur Smith. E non è solo questione di ebook. Le “sfumature” parlano chiaro. Ecco perché non mi troverai mai a leccare il culo alle case editrici: se ho voglia di raccontare una storia a qualcuno lo faccio e basta.
Chi mi vuole leggere sa dove trovarmi.
In genere al bar.