Alle 11,35 del 9 maggio 1997, nel cortile dell’Università La Sapienza di Roma, un proiettile che colpisce alla testa Marta Russo, studentessa ventiduenne al terzo anno di giurisprudenza, mentre cammina con l’amica Iolanda Ricci. Muore quattro giorni più tardi. Non c’è un perché, né un sospetto. Da dove è partito il colpo? Le indagini si concentrano sull’aula 6, Istituto di filosofia del diritto. Sulla finestra vengono trovate tracce di ferro, bario e antimonio. Si pensa siano tracce di polvere da sparo. Chi c’era nell’aula? Lo chiedono a lungo alla dottoranda Maria Chiara Lipari, che aveva fatto da lì una telefonata al padre, l’ex senatore Dc Nicolò Lipari.
LA TELEFONATA- Il giorno successivo, al telefono con l’amico Jacopo, la ragazza parla dell’interrogatorio: «tutto il pomeriggio sono stati a dirmi: lei è in una posizione delicata… lei sa, mors tua vita mea…; cioè… non stava né in cielo né in terra che io… stessi lì con dei ricordi precisi che però non volevo dire… per paura …; … per cui loro mi dicevano sì, però allora ti incolpiamo a te, per cui dilli…; cioè non stava né in cielo né in terra proprio». Alla fine però ricorda, con sforzo “doloroso” e “genuino” – sottolineeranno i giudici – due volti che vide quando entrò nell’aula: la segretaria Gabriella Alletto e l’usciere Francesco Liparota. La Alletto viene sentita per 15 giorni. L’11 giugno non ce la fa più e ai magistrati dice: «Io non ci sono entrata là dentro. Ma come ve lo devo di’, come ve lo devo di’?. Va a fini’ che m’ammazzo per questa storia, io non campo più». Gli inquirenti le fanno presente che «lei è messa male, peggio di chi ha sparato». Il tutto è ripreso in un video, che verrà fuori molto tempo più tardi scatenando infinite polemiche. Di fatto passano tre giorni. E Gabriella Alletto sostiene infine di ricordare i volti di due ricercatori, Giovanni Scattone e Salvatore Ferraro: Scattone ha esploso il colpo. E poi sì, c’era anche Liparota. Li arrestano tutti e tre. Il giorno dopo Liparota conferma il racconto della donna e fila ai domiciliari.
LA RITRATTAZIONE- Ma 24 ore più tardi, ritratta: «ho avuto veramente paura del carcere, non ce l’ho fatta a…adesso non ci resisto più, preferisco stare dentro pur di…piuttosto di…che vivere con il rimorso che magari…e se questi due sono colpevoli o innocenti non lo so». A vario titolo verranno indagate e poi assolte svariate altre persone ree di aver in qualche modo coperto i due assistenti. I periti della Corte d’Assise Carlo Torre e Paolo Romanini escludono però che quella sulla finestra fosse polvere da sparo e sostengono che fosse un’altra l’aula più compatibile con lo sparo.
(Continua sul numero di Crimen in edicola, oppure qui, in versione digitale: Crimen + libro “Il caso Bossetti” a 2,90 euro)