Su I grandi gialli di Stop le confessioni di Vincenzo Pipino: «Così La Barbera fabbricò il falso pentito di via D’Amelio Vincenzo Scarantino»
Sabato 12 luglio
esce in edicola lo speciale trimestrale dedicato alla nera del settimanale Stop, edito da Guido Veneziani Editore. I grandi gialli di Stop racconta gli ultimi retroscena dei più clamorosi casi di cronaca, dal delitto di Yara Gambirasio ai testimoni della strage di Erba, da un dossier sui meno noti cold case italiani ai punti bui della vicenda tornata a creare recentemente polemica: la condanna del tifoso Antonino Speziale per l’omicidio Raciti.
Il numero anticipa inoltre il capitolo dell’autobiografia del più noto ladro d’arte italiano, Vincenzo Pipino, il cui libro “I copi de Venezia”, edito da Milieu, uscirà alla metà di settembre.
VIA D’AMELIO – Nel capitolo riportato su I grandi gialli di Stop Pipino racconta come, nel 1992, il capo della mobile di Palermo Arnaldo La Barbera lo chiuse in cella con Vincenzo Scarantino, all’epoca appena arrestato per la strage di via D’Amelio e oggi riconosciuto come il “falso pentito” del depistaggio sulle indagini.
Pipino rammenta che La Barbera si rivolse a lui così: «Mi serve un tuo favore, solo tu puoi farmelo, ed io, in cambio, ti copro su certe tue marachelle, come quella di aver procurato un passaporto a una ragazza tutt’oggi ricercata. E il silenzio sulla telefonata di quel mafioso che ha fatto in casa tua da Palermo, quando fu ucciso in diretta mentre conversavi con lui».
Pipino finse di accettare. Appena giunto in carcere, vergò un foglietto con cui avvertiva Scarantino che la cella era piena di microspie. Scrive ancora Pipino:«Scarantino era turbato, disorientato, un disorientamento forse causato e condizionato dalla sua profonda cultura cattolica. Non riusciva nemmeno ad avvicinarsi alla realtà di quell’imputazione, che riteneva piena di peccati. In certi momenti avevo l’impressione che Scarantino non si rendesse nemmeno conto della propria realtà. Più che leggere il suo mandato di cattura, lo sfogliava come un bambino che guarda le figurine per cogliere le immagini».
E quando La Barbera chiese al ladro cosa avesse scoperto su Scarantino, Pipino afferma di aver risposto che l’uomo era completamente innocente. Ma fu invitato dal poliziotto a non farne parola con nessuno:
«Che Scarantino è completamente innocente: l’ho dedotto dal suo volto, dal modo in cui passeggiava in cella, dai gesti, dalle parole senza senso logico. Ho usato tutta l’arte della maieutica. Tutti i detenuti che ho conosciuto, sono scivolati inconsciamente in qualche dubbio. Scarantino è una persona con una scarsa capacità intellettiva, persona dotata da una disarmante facilità influenzabile: pur tuttavia insisteva tenacemente che la macchina non l’aveva rubata lui e che non sapeva nulla dell’attentato. Al massimo, ma questo l’ho intuito io, sembra che questa macchina non sia stata nemmeno rubata. Non capiva nemmeno che era imputato di ricettazione. Mettiti la coscienza tranquilla e gira la testa da un’altra parte», risposi sicuro della mia intuizione. «Bene!» ribatté La Barbera, «però sappi che devi tenere la bocca chiusa con tutti e in qualsiasi occasione».