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Strage di Capaci/ Genchi indagato: “Rinuncio alla prescrizione, voglio che la verità emerga”

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gioacchino genchi

L’ex vicequestore aggiunto Gioacchino Genchi è indagato per favoreggiamento nella nuova inchiesta sulla strage di Capaci: un poliziotto sostiene che Genchi lo costrinse a cambiare versione sulla presenza di un misterioso furgone bianco il 22 maggio 1992, nel luogo in cui sarebbe avvenuta la strage.

Una vicenda che l’ex vicequestore, oggi avvocato, ha risposto con una denuncia per calunnia e annunciando di aver rinunciato alla prescrizione. Genchi era il vice di La Barbera nel gruppo Falcone-Borsellino, che lasciò il 5 maggio 1993, per divergenze con quest’ultimo.  Su quanto stia accadendo ora Genchi ha pubblicato un lunghissimo post sul suo profilo Facebook, che riportiamo integralmente.  Se tutto quanto scritto dall’ex vicequestore fosse vero, ci sarebbe da essere seriamente inquieti. Fronte del Blog vi aggiornerà costantemente sui prossimi sviluppi. 

 

Il post di Gioacchino Genchi su Facebook

Forse non ci crederete, ma quando gli operatori della DIA mi hanno notificato l’invito a comparire della Procura di Caltanissetta, con l’imputazione di “favoreggiamento degli autori della strage di Capaci”, ho avuto la sensazione di trovarmi su “Scherzi a parte”.
Purtroppo non era così. Quelli erano dei veri poliziotti, come pure autentico era il provvedimento dei magistrati nisseni.
NON MI SPIEGO IL PERCHE’E così che escluso il presagio di uno scherzo sono passato a leggere le contestazioni che mi venivano mosse, originate dalle accuse che a distanza di oltre 20 anni dai fatti aveva rivolto contro di me un tal agente della Polizia di Stato G.DM., le cui generalità è bene che non siano diffuse, almeno da me, posto che ancora non riesco a credere ed a spiegarmi il perché delle sue accuse.
Poco importa che io vi spieghi chi è l’agente G.DM., che probabilmente solo chi ha fatto servizio negli uffici della Polizia di Stato di Palermo conosce.
Invece non lo conoscevano sicuramente – almeno prima di sentirlo – i magistrati della Procura della Repubblica di Caltanissetta, che da qualche tempo hanno riaperto le indagini sulle stragi del 1992, nel tentativo di fare luce sui tanti errori e depistaggi di quelle indagini, per i quali, però, sono indagati solo dei poliziotti e dei pentiti, come se avessero fatto tutto da soli, compresi i processi e le sentenze (ora sottoposte a revisione), confermate nei vari gradi di giudizio, con le quali sono stati condannati all’ergastolo degli innocenti.
I DUE VERBALI DEL POLIZIOTTO Nel corso di quella che più che un’indagine appare un’attività di archeologia giudiziaria, i magistrati nisseni si sono imbattuti in due relazioni di servizio che l’agente della Polizia di Stato G.DM. avrebbe redatto – occhio alle date – “il 26 maggio 1992” la prima e il “1° giugno 1992” la seconda.
Con la prima relazione di servizio, quella del “26 maggio 1992”, l’agente G.DM. aveva riferito che poco prima della strage di Capaci (consumata il 23 maggio 1992), trovandosi a transitare, libero dal servizio, nei pressi del luogo dell’attentato, aveva visto fermi sull’autostrada un furgone o dei furgoni di un società telefonica, con degli operai intenti ad armeggiare.
Qualche giorno dopo, per la precisione il “1° giugno 1992” – sempre per come contestatomi dai pubblici ministeri nisseni nel corso del mio interrogatorio – l’agente G.DM. sarebbe stato convocato da un funzionario della Squadra Mobile di Palermo (all’epoca diretta dal Dott. Arnaldo La Barbera) per dei chiarimenti sul contenuto della relazione da lui redatta il “26 maggio 1992”.
In quella sede il poliziotto avrebbe radicalmente mutato la propria versione, escludendo di avere visto dei furgoni, precisando di avere visto un solo furgone di colore bianco, con un non meglio precisato operaio con una tuta blu ed “una scala”.
Questo, almeno per sommicapi, il contenuto delle due relazioni di servizio, che non ho ancora letto e delle quali mi è stata data solo una sommaria rappresentazione.
LO SVINCOLO CHE NON TORNA A parte il numero dei “furgoni” e degli “operai” ed il sopravvenire della “scala”, le modifiche più sostanziali contenute nella relazione di servizio del “1° giugno 1992”, rispetto alla versione riportata dall’agente G.DM. nella relazione di servizio del “26 maggio 1992”, avrebbero riguardato il luogo di avvistamento del “furgone di colore bianco” e dell’operaio intento ad armeggiare con la “scala”, che non sarebbe stato lungo il tratto autostradale teatro dell’attentato, ma la diramazione di una stradina interna, in prossimità dello svincolo di Capaci.
Proprio allo svincolo di Capaci l’agente G.DM., proveniente da Palermo, sarebbe uscito dall’autostrada, per recarsi ad un appuntamento con una donna, che sarebbe stato pure riscontrato, come mi hanno riferito i magistrati nisseni.
Quindi nessun avvistamento di furgoni e di operai dei telefoni fermi sull’autostrada, in prossimità del luogo dell’attentato, che quand’anche fossero stati realmente posizionati in quei pressi l’agente G.DM. non avrebbe mai potuto notarli, essendo uscito dall’autostrada, proveniente da Palermo, allo svincolo di Capaci, come avrebbe dichiarato nella prima e nella seconda relazione e come riscontrato dai magistrati nisseni, che avrebbero pure avuto conferma dell’appuntamento con la donna, che l’agente G.DM. avrebbe potuto raggiungere, provenendo in autostrada da Palermo, solo uscendo allo svincolo di Capaci.
A distanza di oltre un ventennio dalle stragi del ’92 i magistrati nisseni, nel tentativo di cogliere ogni utile elemento dal carteggio delle indagini, si sono imbattuti nelle palesi contraddizioni delle due relazioni di servizio, redatte l’una a distanza di sei giorni dall’altra, questa, almeno, è l’unica cosa certa.
COME SI PUO’CONFONDERE UN’AUTOSTRADA CON UNA STRADINA SECONDARIA?- Le incongruenze delle due versioni, peraltro, non erano di poco conto, posto che è inconcepibile che un agente della Polizia di Stato – che all’epoca faceva pure servizio alla Polizia Stradale – scambi un tratto di una autostrada con una stradina secondaria, nella quale poi i furgoni e gli operai presuntivamente avvistati si sarebbero ridotti ad uno solo, di colore bianco, con la sopravvenienza di “una scala”.
Il tutto in una strada ed in un luogo del tutto diverso ed a notevole distanza dal tratto autostradale interessato all’attentato del 23 maggio 1992, che l’agente G.DM. non ha transitato, ne avrebbe potuto in alcun modo attraversare ed osservare, nel tragitto autostradale percorso da Palermo, posto che sarebbe uscito allo svincolo di Capaci, per poi recarsi al luogo dell’appuntamento con una donna che, per quanto sia a mia conoscenza, rappresenta l’unico fatto riscontrato del racconto, al pari della datazione delle due relazioni di servizio.
Lo svincolo di Capaci, infatti, si trova prima ed a notevole distanza del tratto autostradale interessato all’attentato del 23 maggio 1992. E’ noto anche a chi solo una volta ha percorso quell’autostrada, che, provenendo da Palermo ed uscendo allo svincolo di Capaci, non si transita, né si può osservare in alcun modo, quanto accade in prossimità del tratto autostradale interessato all’attentato, dove ora sono state erette le due steli in marmo.
Contraddizioni non di poco conto – specie se riferite da un appartenente alla Polizia di Stato e, soprattutto, alla Polizia Stradale (che si presume sappia distinguere una strada da un’autostrada), che probabilmente imponevano di essere approfondite qualche tempo prima dalla celebrazione del ventesimo anniversario di quella strage.

NON NE AVEVO MAI SENTITO PARLARE- Così non è stato e solo di recente i magistrati nisseni si sono imbattuti in quelle due relazioni di servizio di cui, invero, nessuno aveva mai sentito parlare prima di adesso.
E’ a questo punto che non si sa né come, né perché, sono stato tirato in ballo in questa assurda vicenda.
L’agente G.DM., messo alle strette dai magistrati nisseni sul perché del cambio di versione fra la relazione del “26 maggio 1992” e quella del “1° giugno 1992”, ha dichiarato che lo avrei costretto io a modificare la versione, profferendo la seguente espressione (per come contestata nell’imputazione) “hai fatto male a fare questa relazione, adesso o dimentichi queste cose oppure è meglio che ti prendi la pistola e ti spari”.
Non si capisce il perché, né l’agente G.DM. lo ha in qualche modo chiarito, io lo abbia indotto a cambiare versione, minacciandolo pure di morte.
Magari i tanti poliziotti palermitani che mi conoscono e che conoscono l’agente G.DM., nel leggere l’articolo di Repubblica di oggi si saranno fatte due risate.
Le persone per bene che però non conoscono l’agente G.DM. e che magari mi conoscono non penso che hanno riso e si saranno posti più di un domanda su questa vicenda.
Pure io, come dicevo, sono incredulo e non riesco a spiegarmi il perché di queste gravissime accuse ad oltre 20 anni da quei fatti, da parte di un appartenente alla Polizia di Stato, che semmai quelle minacce e quell’istigazione a mentire fossero vere avrebbe avuto il dovere morale e giuridico di denunciarle immediatamente e non attendere che passasse un ventennio e che fossero dei magistrati a contestargli le sue plateali contraddizioni.

UN COMPLOTTO? NEMMENO LO IMMAGINO Non oso nemmeno ipotizzare un complotto di qualcuno della Polizia di Stato contro di me, servendosi dell’agente G.DM., posto che se lo facessi offenderei in primo luogo la mia intelligenza, al solo pensiero che qualcuno in Polizia si possa essere servito – avendolo in seguito conosciuto – dell’agente G.DM., nel tentativo di calunniarmi.
Chi fa servizio in Polizia e conosce l’agente G.DM. potrà meglio comprendere cosa intendo dire.
Non riesco nemmeno a immaginare come le due relazioni di servizio dell’agente G.DM., palesemente contraddittorie su circostanze di assoluta rilevanza per le indagini sulla strage di Capaci, siano state lasciate stagionare per oltre 20 anni dai magistrati e dagli inquirenti che quelle indagini hanno svolto, chiuso e riaperto a più riprese, con i proclami sempre più roboanti, specie in occasione dell’approssimarsi degli anniversari del 23 maggio, che per un triste gioco del destino sono sempre prossimi a delle tornate elettorali.
Il tutto come se agli indizi ed alle prove di una indagine penale, come quella sulla strage di Capaci, con la quale si è cambiato il corso della storia e della politica nazionale e forse anche di qualche stato estero, si potessero applicare le regole della “stagionatura”.
Le pratiche “dell’invecchiamento” e della “stagionatura”, se vanno bene per il vino rosso ed il parmigiano, non sono applicabili alle prove del processo penale, che si basa sui principi opposti dell’immediatezza degli accertamenti e dei riscontri.

LA COINCIDENZA TEMPORALE CON LA MIA CAUSA CONTRO LA POLIZIA- È per questo che sono preoccupato – molto preoccupato – della perfetta coincidenza temporale dell’insorgere di questa vicenda con la fissazione dell’udienza di discussione, già prevista per lo scorso dicembre, e la trattazione presso il T.A.R. di Palermo dell’udienza di trattazione del ricorso avverso la mia destituzione dalla Polizia di Stato, pronunciata nel febbraio del 2011, per avere “offeso l’onore e il prestigio del Presidente del Consiglio On. Silvio Berlusconi”.
E’ atteso a giorni il deposito della motivazione della sentenza e non vorrei nemmeno lontanamente ipotizzare che la pubblicazione dell’articolo di “Repubblica” possa in qualche modo influenzare i magistrati che si dovranno pronunciare.
Invero era mia intenzione rendere pubblica la notizia dopo il deposito delle motivazioni del T.A.R., posto che – come ritengo – le ragioni sostanziali che hanno portato alla mia destituzione dal servizio dalla Polizia di Stato hanno origine nell’attività da me svolta come consulente dell’Autorità Giudiziaria, a far tempo dalle indagini sulle stragi di Capaci e di Via d’Amelio.

LA DENUNCIA PER CALUNNIA- Ciò premesso, siccome la notizia è stata diffusa da “Repubblica”, con l’articolo pubblicato oggi a firma di Salvo Palazzolo, è doveroso che io fornisca dei chiarimenti, per i quali farò riferimento al contenuto del mio interrogatorio reso ai pubblici ministeri nisseni il 5 febbraio scorso ed alla denuncia per calunnia, che il successivo 14 febbraio ho depositato nei confronti dell’agente della Polizia di Stato G.DM. e di quanti, eventualmente, hanno concorso ad istigare le sue dichiarazioni.
Nella denuncia ho ribadito quanto avevo già riferito nel corso del mio interrogatorio, sulla circostanza di non avere mai saputo che l’agente G.DM. avesse redatto delle relazioni di servizio su avvistamenti, fatti e/o circostanze comunque attinenti con la strage di Capaci.
Allo stesso modo, né nel periodo compreso “fra il 26 maggio e l’1 giugno 1992”, né dopo, ho mai minacciato il predetto agente G.DM. con le espressioni «hai fatto male a fare quella relazione, adesso o dimentichi oppure è meglio che ti prendi la pistola e ti spari», con lo scopo di “aiutare non meglio identificati soggetti ad eludere le investigazioni relative alla strage compiuta in Capaci il 23 maggio 1992” ed assicurare loro “l’impunità per il delitto di cui all’art. 422 cod. pen” (strage).
Ho ribadito infatti che all’epoca in cui avrei commesso i reati che mi sono stati contestati (minaccia aggravata e favoreggiamento aggravato degli autori della strage di Capaci, consumati fra il 26 maggio e il 1° giugno 1992) non conoscevo nemmeno l’agente della Polizia di Stato G.DM., né altra persona che si chiamasse col suo cognome, compresi i suoi familiari.

L’HO CONOSCIUTO SOLO NEL 1993- Non sapevo nemmeno che nella Polizia di Stato prestasse servizio un agente di polizia a nome “G.DM.”, che sono certo di avere conosciuto, invece, non prima del maggio del 1993.
Infatti solo dopo il 5 maggio 1993, a seguito dei contrasti insorti con il Dott. Arnaldo La Barbera sulla conduzione delle indagini sulla strage di Via D’Amelio, sono rientrato in servizio presso l’XI Reparto Mobile di Palermo, dopo avere revocato il consenso al permanere nell’aggregazione presso il Centro Criminalpol di Palermo, nel gruppo di indagine sulle stragi dell’estate del 1992.
Non mi sono dilungato ulteriormente sulle cennate circostanze, posto che le stesse sono ampiamente documentate e note ai magistrati della Procura della Repubblica di Caltanissetta, anche in relazione alle pregresse acquisizioni documentali e dibattimentali nei procedimenti sulle stragi, di cui vi è ampia traccia nel mie recenti deposizioni al processo per la strage di Via d’Amelio.
Dopo il mio interrogatorio, invece, ho appreso delle notizie sul conto dell’agente G.DM., che ho riferito nella denuncia.
L’agente G.DM. sarebbe stato arruolato in Polizia per concorso ed avrebbe frequentato il corso di formazione presso il “Centro di addestramento della Polizia Postale di Genova”, prima dell’immissione in servizio, che sarebbe avvenuta il 2 agosto 1991, con assegnazione al Distaccamento della Polizia Stradale di Cefalù.
Per quanto mi riguarda non sono mai stato a Genova prima del 1991 e non sapevo nemmeno che in quella città vi fosse una scuola della Polizia di Stato. Per il resto confermo e ribadisco di non avere mai conosciuto in vita mia, prima del maggio 1993, alcuna persona che si chiamasse “G.DM.”, men che meno l’agente della Polizia di Stato G.DM.
Confermo, inoltre, di non avere mai avuto alcun rapporto per ragioni personali e/o professionali – attinenti alla mia precedente funzione nella Polizia di Stato – né di essermi mai recato presso il Distaccamento della Polizia Stradale di Cefalù, del quale conosco solo l’ubicazione, per avere visualizzato l’insegna posta lungo la s.s. 113, all’ingresso di Cefalù, provenendo da Palermo.
Allo stesso modo non posso nemmeno avere conosciuto l’agente G.DM. quando prestava servizio alla Polizia Stradale, in quanto non sono mai stato controllato, né contravvenzionato in vita mia da alcun equipaggio della Polizia Stradale, almeno fino a quando ero funzionario della Polizia di Stato (febbraio 2011), come ho chiesto di verificare dai sistemi informativi del Ministero dell’Interno.
L’agente della Polizia di Stato G.DM., peraltro, sarebbe stato trasferito a domanda all’XI Reparto Mobile di Palermo, dal Distaccamento della Polizia Stradale di Cefalù, solo il 5 aprile 1993.
Questa ultima circostanza, raffrontata a quelle cennate prima, conferma senza ombra di dubbio che io non posso che avere conosciuto l’agente G.DM. solo dopo il 5 maggio 1993, quando ho assunto servizio presso l’XI Reparto Mobile della Polizia di Stato di Palermo, dove l’agente G.DM. era stato già trasferito da qualche settimana.
Solo dopo il maggio 1993, quindi, posso avere conosciuto i suoi familiari e partecipato alla cena (a base di cuscus, preparato dalla madre) presso la sua abitazione estiva, situata nel litorale di un comune della provincia di Palermo, in direzione dell’aeroporto di Punta Raisi, di cui lui ha riferito.
A parte tali circostanze – che già da sole confermano l’insussistenza delle sue propalazioni accusatorie – nemmeno dopo il maggio 1993 l’agente G.DM. mi ha mai riferito di avere svolto attività, redatto relazioni di servizio e/o altro, con riguardo ad avvistamenti e/o ad indagini sulla “strage di Capaci”.
Delle medesime circostanze, per come sono certo, non se ne è mai peraltro accennato in alcun modo con i colleghi ed i superiori dell’XI Reparto Mobile, che, come me, sconoscevano l’esistenza delle predette relazioni di servizio.

I TESTIMONI- Questa circostanza mi è stata personalmente confermata dal Dott. S.M., già Primo Dirigente della Polizia di Stato, all’epoca dei fatti Vice dirigente dell’XI Reparto Mobile di Palermo, che ha poi diretto ininterrottamente fino a pochi anni fa.
Nemmeno agli atti dell’XI Reparto Mobile di Palermo ho mai preso visione, nel fascicolo personale dell’agente G.DM., di sue relazioni di servizio o di semplici comunicazioni, convocazioni o altro afferente alle indagini ed ai procedimenti penali sulle stragi del 1992.
Ove solo avessi avuto contezza sommaria di una tale circostanza me ne ricorderei perfettamente, come se ne sarebbe ricordato il Dott. S.M., che è letteralmente caduto dalle nuvole quando l’ho chiamato per riferirgli della contestazione che mi aveva mosso la Procura della Repubblica di Caltanissetta.
Nell’occasione il Dott. S.M. mi ha categoricamente escluso di avere mai saputo nulla delle cennate relazioni di servizio, redatte dall’agente G.DM. fra la fine di maggio ed i primi di giugno del 1992, quando prestava servizio al Distaccamento della Polizia Stradale di Cefalù.
Su queste circostanze ho chiesto che venisse acquisita la testimonianza del Dott. S.M. e con esso del precedente Dirigente dell’XI Reparto Mobile di Palermo Dott. G.A., nonché del successivo Vice dirigente Dott. F.S., già in servizio all’XI Reparto Mobile quando io vi sono stato trasferito.
Ad ulteriore conferma della circostanza che io non ho mai preso visione, né avuto contezza, dell’esistenza delle predette relazioni di servizio, prima della contestazione dello scorso febbraio, ho chiesto che fossero acquisite agli atti del procedimento a mio carico tutte le mie relazioni di consulenza, nonché le deposizioni istruttorie e dibattimentali rese nei procedimenti per le stragi del 1992, nel corso dei quali sono stato escusso approfonditamente, su diversi temi, afferenti la dinamica, i moventi e il dettaglio dello svolgimento delle indagini a cui ho partecipato, nella qualità di consulente tecnico del pubblico ministero e di ufficiale di polizia giudiziaria.
Ho anche precisato nella denuncia che le circostanze e il contenuto delle relazioni di servizio che l’agente della Polizia di Stato G.DM. avrebbe redatto fra la fine di maggio ed i primi di giugno del 1992 non mi furono mai partecipate dal Dott. Arnaldo Barbera, né dai magistrati della Procura della Repubblica di Caltanissetta con i quali, in periodi diversi e per ragioni diverse, ho in vario modo collaborato ed interloquito.
A tal proposito ho chiesto al Procuratore della Repubblica di Caltanissetta di volere riscontrare le circostanze da me riferite mediante assunzione della testimonianza degli ex Procuratori della Repubblica di Caltanissetta Dott. Salvatore Celesti e Dott. Giovanni Tinebra, oltre che dei Sostituti Procuratori Dott. Carmelo Petralia, Dott. Francesco Paolo Giordano, Dott. Fausto Cardella, Dott.ssa Ilda Boccassini e Dott. Luca Tescaroli, che potranno confermare di non avermi mai partecipato (ammesso che le conoscessero) i contenuti e le circostanze che avrebbero formato oggetto delle relazioni di servizio redatte nel 1992 dall’agente G.DM.
Sulle stesse circostanze ho chiesto che vengano sentiti il Dott. Francesco Messineo, il Dott. Renato Di Natale, il Dott. Nicolò Marino e il Dott. Gianfranco Donadio, che in occasione e contesti diversi – come i magistrati in atto in servizio alla Procura della Repubblica di Caltanissetta, titolari delle indagini sulle stragi del 1992 – mi hanno sentito sullo svolgimento delle indagini sulle stragi del 1992, senza che mai si facesse cenno, nemmeno lontanamente, al contenuto delle relazioni di servizio ed alla persona dell’agente G.DM.
Aggiungo altresì – come ho chiesto di riscontrare – che una qualunque circostanza afferente a lavori di equipaggi di operai e/o di ditte che operavano nel settore telefonico in prossimità del luogo della strage di Capaci, ove a quel tempo effettivamente conosciuta e positivamente valutata dall’Ufficio di Procura, mi sarebbe stata senza dubbio partecipata dai magistrati con i quali ho più direttamente collaborato, in periodi diversi (vedi il Dott. Carmelo Petralia ed il Dott. Fausto Cardella), che più direttamente si sono occupati dei lavori, degli operai e delle attività svolte dalle diverse aziende che operavano nel settore dell’indotto telefonico, in relazione alle emergenze investigative emerse – in modo particolare – nel corso delle indagini sulla strage di Via D’Amelio.
Con la semplice acquisizione delle testimonianze richieste – con particolare riguardo a quelle riguardanti l’epoca della mia effettiva conoscenza dell’agente della Polizia di Stato G.DM., potrà essere dimostrata l’assoluta insussistenza delle accuse mosse nei miei confronti e dell’evidente intento calunniatore di chi le ha profferite.
RINUNCIO ALLA PRESCRIZIONE- Per notizia voglio che sia noto che avendomi i magistrati nisseni molto correttamente informato che i reati che mi venivano contestati erano già da tempo prescritti, ho dichiarato formalmente di rinunciare alla prescrizione, chiedendo che si proseguano le indagini anche contro di me, accettando il rischio di una pesante condanna, che ove avessi fatto come tanti (Berlusconi, Previti, Dell’Utri, Penati e chi più ne ha più ne metta) sarei stato già certo di potere evitare.
Nel contempo ho sporto formale denuncia-querela nei confronti dell’agente della Polizia di Stato G.DM. ed ho chiesto il promuovimento dell’azione penale nei suoi confronti, nonché nei confronti di suoi eventuali concorrenti e/o istigatori delle sue condotte, per il delitto previsto e punito dall’art. 368 c.p. (calunnia), nonché per tutti gli ulteriori eventuali reati consumati in mio danno.
In uno con il deposito dell’atto di denuncia, ai sensi dell’art. 408, comma 2, c.p.p., ho chiesto di essere informato dell’eventuale richiesta di archiviazione e mi sono riservato la costituzione di parte civile.
In questi casi tutti concludono con la frase di rito: “Ho fiducia nella Giustizia”.
Io, da qualche tempo, con quello che ho passato e che sto passando, vi confesso che ne ho sempre di meno, ma non demordo!

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