Il prossimo 27 aprile Karol Wojtyla diventerà santo. Un giorno speciale per tanti e tanti fedeli che hanno considerato e ancora considerano Giovanni Paolo II il loro Papa. Tra questi c’è anche l’attore Giorgio Pasotti, che ha ricordato il grande pontefice anche attraverso la fiction Non avere paura – Un’amicizia con papa Wojtyla, che presto vedremo in prima serata su Raiuno, e che lo vedrà impegnato nei panni di Lino Zani, maestro di sci del Papa polacco. Nel cast ci saranno anche Claudia Pandolfi, Katia Ricciarelli, Fabio Fulco e Giuseppe Cederna, nei panni dell’allora Presidente della Repubblica Sandro Pertini.
Che emozioni hai provato a recitare in una fiction dedicata al grande Giovanni Paolo II? «E’ stato bellissimo recitare in questo film che racconta la figura straordinaria di papa Wojtyla attraverso gli occhi di Zani. È un progetto a cui tengo tanto».
Cosa ha rappresentato per te il Papa polacco?
«L’ho sempre considerato il “mio Papa”, quello della mia generazione e lo ricordo con profonda tenerezza. Una figura estremamente positiva di uomo e di pontefice. A suo modo è stato, così come lo è oggi Francesco, un Papa rivoluzionario».
Attualmente ti vediamo protagonista, al cinema, anche del film Nottetempo, dove per la prima volta interpreti un ruolo da cattivo. Che effetto ti ha fatto?
«Ci ero andato vicino già nel film Volevo solo dormirle addosso, interpretando un “tagliatore di teste” di un’azienda. Qui, però, mi misuro con un cattivo vero».
Come mai finora hai interpretato solo personaggi positivi?
«Con il mio viso, mi sembra evidente che a un regista non venga come prima idea quella di un ruolo da cattivo per me».
Non sarà stato quindi semplice risultare credibile nei panni di un uomo crudele…
«Il protagonista di questo film è in effetti un uomo lontano anni luce da me. È poliziotto e giocatore di rugby, due esempi di correttezza e giustizia. In realtà, però, si trasforma in un mostro: un uomo meschino, crudele e prepotente. Credo che, però, la bellezza del mio mestiere risieda proprio nella capacità di portare a compimento sfide così impegnative».
Lavori per il piccolo così come per il grande schermo. Generalmente con quale criterio scegli i film a cui dire di sì?
«Non faccio tanti film a dire il vero, ma soltanto quelli a cui davvero voglio prendere parte. Magari tra quarant’anni, quando rivedrò i titoli della mia filmografia, potrò usare il motto “pochi ma buoni”».
C’è un ruolo particolare che sogni ti venga affidato prima o poi? «Non c’è un personaggio specifico. E questo perché ritengo che anche quelli più semplici possono diventare straordinari. Il segreto credo stia soprattutto nel modo in cui vengono scritti».
Quali consigli daresti ai giovani che, in un momento così difficile come quello che attraversa l’Italia, volessero fare il tuo stesso mestiere?
«Credo che oggi più che mai i sogni vadano sempre inseguiti, fino in fondo. È un principio di grande ambizione, di determinazione e volontà a cui io stesso mi sono conformato. Questo vale per chi vuole diventare attore così come per chi sceglie una strada professionale completamente diversa. Se non si fa così, quel viaggio si arresta appena dopo pochi chilometri. Quindi ai giovani consiglio di crederci».
Luigi Miliucci per Stop