«Chiara è ancora in questa casa. È nell’aria. La sento. Io sto bene a sentire mia figlia». Alla vigilia del secondo processo d’appello contro Alberto Stasi, Rita e Giuseppe Poggi aprono per la prima volta la casa di Garlasco dove il 13 agosto 2007 venne ammazzata la figlia Chiara. Nel servizio pubblicato nel numero del settimanale Oggi, in edicola da mercoledì 2 aprile, la mamma della vittima ripercorre i sette anni trascorsi dal delitto. La donna ricorda la figlia, la telefonata dei carabinieri che ne annunciava la morte, l’assedio dei media, il sequestro della casa, i primi dubbi sul fidanzato di lei, Alberto Stasi, e la lunga battaglia giudiziaria per ottenere giustizia.
IL RITORNO A CASA- «Situazioni come queste», dice Rita Poggi, «spesso distruggono le coppie ma io e mio marito siamo uniti dì più di prima». Il ritorno nella casa di via Pascoli ha coinciso per lei con una definitiva presa di coscienza di quanto era accaduto: «Quando i Carabinieri mi hanno consegnato la casa ero felice. Però in quel momento mi sono resa conto che io ero tornata, noi eravamo tornati, ma Chiara non tornava più. Oggi è diverso. Mia figlia è stata uccisa qui. Ma questa è stata per dodici anni la sua casa. Tutto è rimasto come allora. E Chiara è ancora in questa casa. È nell’aria. La sento. Io sto bene a sentire mia figlia».
Ricordando i giorni successivi al delitto, quando nei confronti di Alberto aveva avuto un atteggiamento quasi protettivo, Rita Poggi dice che solo in un secondo momento sono emersi elementi che l’hanno obbligata a riflettere. «È stata una cosa progressiva, che va ancora avanti. Come un puzzle con le tesserine che man mano vanno al posto giusto. E se si mette tutto al posto giusto alla fine la verità sulla morte di mia figlia, secondo me esce». Rita Poggi ribadisce la fiducia nella magistratura e afferma di essersi sentita ripagata dalla sentenza di Cassazione, che cancellando l’assoluzione di Alberto ha chiesto una valutazione complessiva e non isolata degli indizi e un completamento delle perizie richieste dalla parte civile.
IL MOVENTE- Sul movente del delitto non si esprime, ma si dice sicura delle reazioni della figlia qualora avesse scoperto i file porno nel computer di Alberto: «Non so se mia figlia ha visto quelle immagini. Ma Chiara non avrebbe tollerato. Non poteva accettare che il suo ragazzo tenesse del materiale del genere… Per una cosa del genere si sarebbe arrabbiata. E tanto».