Non pubblicate sue foto. Non pubblicate i suoi discorsi. Non mandate in onda la sua voce. O dovrete pagare i relativi diritti. Stiamo parlando di Papa Francesco e di una legge sul diritto d’autore del Vaticano fatta entrare in vigore il 19 marzo 2011 da Papa Ratzinger. Passata quasi del tutto sotto silenzio molto probabilmente perché, quando uscì, fu accompagnata da buone ragioni.
Recita infatti l’articolo 3 della legge: “L’immagine del Romano Pontefice non può essere esposta, diffusa o messa in commercio quando ciò rechi pregiudizio in qualsiasi modo, anche eventuale, all’onore, alla reputazione al decoro o al prestigio della Sua persona”.
VOCE E DISCORSI COL MARCHIO- Oltre all’immagine, il Vaticano metteva il copyright sui discorsi del Papa e perfino sulla sua voce, perché bisognava, spiegava Radio Vaticana, “tutelare l’autenticità del Magistero”.
EVITARE PREGIUDIZI ALL’ONORE DEL PAPA, MA NON SOLO- Sostanzialmente, ci si immaginava che lo scopo ufficiale era di evitare che la faccia del Papa finisse su magliette, caramelle e chissà che altro. O che si utilizzasse la voce per scopi denigratori. Sicchè nessuno ci aveva dato molto peso. Per quanto non si compresse il motivo di una legge ad hoc, dato che nei casi di pregiudizio all’onore e al decoro del Papa come di qualsiasi altra persona, in Italia e in quasi tutti gli altri Paesi del mondo, esiste già la legge sulla diffamazione.
PAGARE SEMPRE- E infatti le cose stanno andando molto, ma molto diversamente. Perché la questione del pregiudizio all’onore e al decoro del Papa costituiva solo le premesse per mettere il copyright vaticano a immagine, discorsi e voce del Pontefice, come esplicitato nel resto della legge. Un fatto piuttosto curioso.
LO SPECIALE DI “OGGI” – Così, lo scorso anno Rcs pubblica, all’indomani dell’elezione del Papa, uno speciale del settimanale Oggi dal titolo “Le parole più belle di Papa Francesco”, un prodotto addirittura apologetico del neopontefice. Nulla di pregiudizievole.
LE RICHIESTE DEL VATICANO A RCS- E come Fronte del Blog ha potuto accertare, il Vaticano batte cassa, chiedendo a Rcs i “diritti d’immagine” sulle foto di Bergoglio. Attenzione, non – come sarebbe ovvio- i diritti d’autore sulle foto dell’archivio vaticano. No, i “diritti d’immagine” sulle foto fatte da altri. Soldi per aver stampato le foto che lo ritraggono.
LE CONSEGUENZE- Inevitabile a questo punto che le medesime disposizioni valgano, al di là di qualsiasi buona intenzione, per i suoi discorsi e per la sua voce per scopi commerciali.
E dato che un editore, un giornale, un libro, una radio, una tv hanno sempre scopi “commerciali”, conviene pensarci bene prima di diffondere qualsiasi cosa lo riguardi.
LEGGE CHE BERGOGLIO VUOLE- Si penserà che forse Bergoglio, papa indubbiamente decisionista e coraggioso, non abbia esatta contezza della portata della legge. Invece no. Rinnovarla ha costituito uno dei primi atti che ha compiuto appena salito sul soglio pontificio. Facendo particolare attenzione alla questione dei testi. Il 27 febbraio scorso sempre Radio Vaticana informava infatti che Papa Francesco, a dieci giorni esatti dalla sua elezione, ossia il 23 marzo 2013 “ha voluto rinnovare tale disposizione precisando, invece, che sono e rimangono dei legittimi proprietari i diritti d’autore e di utilizzazione economica per i testi pregressi all’elezione alla Cattedra di Pietro pubblicati presso quelle Case Editrici”.
L’ETICA DELLA LEGGE VATICANA –Ora, al di là del fatto di capire se abbia ragione Rcs – che in teoria dovrebbe rispondere esclusivamente a leggi italiane- o il Vaticano, la diatriba pone tre questioni di tipo etico.
Anzitutto, è legittimo che un capo di Stato, quale è il Papa, personaggio pubblico per eccellenza, esiga i diritti d’immagine per le foto che qualcuno gli ha scattato, e che soprattutto li esiga in Paesi che non sono il suo, e cioè il Vaticano?
La seconda domanda è più sottile: i discorsi e la voce del Papa vengono diffusi non perché abbiano una qualche valenza letteraria. E quand’anche l’avessero, vengono diffusi esclusivamente perché provenienti dall’inteprete massimo della parola di Dio. E allora la domanda è: quanto è eticamente lecito che chi si fa interprete massimo della parola di Dio chieda del denaro per farla riprodurre?
E infine: per quale ragione la Chiesa dovrebbe continuare a non pagare tasse in Italia sugli edifici di culto, se poi, per vedere, leggere e ascoltare l’interprete massimo di quel culto, bisogna pagargli i diritti d’immagine?
Edoardo Montolli
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