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I dolori di una Nobel per la pace musulmana

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shirin ebadi«Di Teheran mi manca davvero tutto, anche l’inquinamento». È un’inedita Shirin Ebadi quella che si confessa con “Io donna”, in edicola sabato 1 marzo, svelando cosa c’è dietro alla sua immagine di donna forte. La premio Nobel per la Pace (prima donna iraniana e prima musulmana a ottenere il riconoscimento), magistrato e avvocato, che da cinque anni vive in esilio a Londra, parla delle cose più intime: dalle nostalgie per il suo Paese al rapporto con le figlie, dalla difficoltà di tenere in piedi un matrimonio “a distanza” a quello che le hanno insegnato i genitori. E al ricordo ancora vivo dell’8 marzo di 35 anni fa, quando Shirin capì quanti dolori avrebbe causato la rivoluzione di Khomeini: «Lo scià è scappato e il primo febbraio l’Ayatollah Khomeini rientra in Iran, dopo 14 anni d’esilio. L’11 febbraio i rivoluzionari annunciano la vittoria. Siamo felici, pensiamo sia l’inizio di una nuova fase, segnata dalla libertà. E invece l’8 marzo la radio comunica che le impiegate della pubblica amministrazione devono coprire i capelli col foulard». L’intervista di “Io donna” è della giornalista esperta di Medio Oriente Farian Sabahi, con cui la Ebadi ha appena pubblicato un libro, “Il mio esilio” edito da Feltrinelli.

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