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Il delitto Pecorelli

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CarminePecorelli

Sono da poco passate le 21. Mino Pecorelli, 51 anni, esce dalla redazione di Op, che dirige da undici anni. E raggiunge la macchina in via Orazio, a Roma. È il 20 marzo 1979. Il giornalista ha molti nemici. Sul suo periodico ha realizzato diversi scomodi scoop, ed è legato ad alcuni personaggi dei servizi segreti, oltre che essere iscritto alla Loggia P2 di Licio Gelli. Spesso è stato in grado di anticipare grandi risvolti politici. Non risparmia accuse a nessuno, si dice sappia molte cose sul rapimento di Aldo Moro. È  proprio più o meno in contemporanea con il sequestro che ha trasformato la sua Op da agenzia in settimanale, infilando una lunga serie di esclusive e documenti inediti, come le quattro lettere inviate dallo statista alla moglie Nora, al collaboratore Nicola Rana e al segreterio della Dc Benigno Zaccagnini. È assolutamente informato, in proposito, di quanto rinvenuto nel covo di Monte Nevoso, che rivela in un articolo del 24 ottobre 1978. Pare possa sapere anche di più. Che possa avere addirittura un memoriale di Moro. L’ipotesi verrebbe confermata da un ambiguo documento “brigatista” che sarà ritrovato in un borsello a bordo di un taxi a Roma, che recita: “Oggetto: Pecorelli Mino (da eliminare) … Agire necessariamente entro e non oltre il 24 marzo. Sarebbe problematico concedergli tempo. Non bisogna assolutamente rivendicare l’azione, anzi occorre depistare…Martedì 20, ore 21.40, giunta notizia Operazione conclusa positivamente. Recuperato materiale, purtroppo non è completo, è sprovvisto del paragrafo 162, 168, 174, 177… Pecorelli Carmine…Archiviare” *.

 

aldo moro

Ma il caso Moro non è l’unico mistero su cui Pecorelli ha affondato la penna. Su molti altri casi italiani è arrivato sempre prima degli altri. Mette la mano su dossier riservati e scottanti. Uno tra i più scandalosi lo ha pubblicato all’indomani dell’elezione di Albino Luciani a papa con il nome Giovanni Paolo I, un pontificato che durerà appena 33 giorni. Una storia che va raccontata, perchè in quei giorni il neopapa stava già cambiando radicalmente le regole al suo interno, quando un infarto del miocardio lo colpì all’improvviso, almeno così recitava il referto medico, uccidendolo, il 28 settembre 1978. Non era stata effettuata ufficialmente alcuna autopsia. Ci furono pure contestazioni su chi lo avesse effettivamente ritrovato morto, se il suo segretario o una suora che lavorava per lui dal 1959. Pure sull’orario c’era discrepanza. E c’era addirittura chi pensò che fosse stato avvelenato. Sarà la teoria dello scrittore Dan Yallop, che nel suo libro “In nome di Dio” (in Italia edito da Pironti), alludeva ad un complotto ordito ai danni del pontefice per la sua voglia di rinnovare la Chiesa e di renderne trasparenti le attività finanziarie.

L’unica cosa che però è certa era il clima in cui viveva la Chiesa in quei giorni. opUn clima avvelenatissimo, proprio per via dell’ennesimo clamoroso scoop di Pecorelli: nelle due settimane precedenti la morte del Papa, il settimanale Op  aveva infatti pubblicato i nomi di 121 esponenti vaticani affiliati alla Massoneria.

Pecorelli non si è mai fermato. Raccoglie  notizie personalmente dalle fonti più disparate. Ha lasciato la P2 per opporsi alla disparità di trattamento con “fratello Gigi” riguardo ad un’intercessione per un processo, forse per diffamazione**. E quindi l’ha attaccata. Si è scagliato contro Michele Sindona. Ha denunciato traffici d’armi. È filato dritto nell’accusare, per la strage di piazza Fontana, ben precisi ambienti di estrema destra. Ha intinto nel curato la penna contro la scalata del generale Gianadelio Maletti i vertici del Sid. Tutto su Op, quando ancora era agenzia.***

I veleni di OPUno dei più interessanti lavori sugli scoop di Pecorelli sarà pubblicato in I veleni di “Op”, edito da Kaos nel 1995 e scritto da Francesco Pecorelli (nessuna parentela con Mino, nda) e Roberto Sommella. Tra questi, anche la capacità di vedere lontano del giornalista, in una notizia di Op del 30 gennaio 1979. Riguardava i rumors sulla candidatura del giovane costruttore Silvio Berlusconi alla presidenza della Cariplo, che aveva colto nello “stupore” il mondo bancario.  silvio berlusconi2

Scriveva Pecorelli, a proposito dell’incredulità dell’ambiente: “…Con tanti imprenditori, con tanti valenti manager su piazza, ci si chiede perché tanta smania di salire sul gradino più alto in un imprenditore che sebbene abbia realizzato utili notevolissimi al suo attivo vanta una sola opera di spicco, il complesso immobiliare Milano 2. Dunque Berlusconi è un candidato senza speranza? Non è detto: controlla il 12,5% delle azioni del “Giornale” di Montanelli e di recente ha dichiarato di voler accentuare la sua presenza nel settore giornalistico. A qualcuno potrebbe venire in mente di premiare il suo impegno politico”.

Più spesso Pecorelli è graffiante, specie contro il potere. Contro ognuno sembra avere qualcosa da dire. Si dice usi nomi in codice per mandare messaggi, per qualcuno usa linguaggi ambigui. È comunque sicuramente temuto da più parti, specie tra le istituzioni. Ma stavolta nessuno saprà mai cos’abbia ancora in mano.

La sera del 20 marzo, chissà, sta forse pensando ad un nuovo dossier, quando viene raggiunto da quattro colpi di pistola di una 7,65, che lo lasciano riverso sui sedili della sua Cx. L’oggetto del mistero stavolta diventerà lui. Le piste per trovare gli assassini sono tante, troppe, come gli episodi su cui ha scritto: esponenti massoni, ma anche dell’estrema destra e legati alla banda della Magliana. A portare verso questi ultimi è la marca di proiettili sparati sul suo corpo, Gevelot, difficilmente reperibili sul mercato normale e perfino su quello clandestino. Ma che la Magliana aveva nell’arsenale incredibilmente rinvenuto nei sotterranei del Ministero della Sanità. Troppo poco. Tutti i sospettati vengono prosciolti. Sembra un omicidio destinato ad essere dimenticato. Poi, 14 anni più tardi, una svolta totalmente inaspettata. Il boss dei due mondi, il pentito Tommaso Buscetta, interrogato dai magistrati di Palermo sui rapporti tra politica e criminalità organizzata, dice di aver saputo da Tano Badalamenti che Pecorelli fu ucciso dalla mafia per fare un favore nientemeno che a Giulio Andreotti, uno dei principali bersagli degli attacchi del giornalista. iandret001p1

Il 9 giugno del 1993, il senatore a vita, il più noto politico italiano del dopoguerra, finisce così sotto inchiesta a Perugia. Nel calderone degli indagati entra pure Pippo Calò, il cassiere di Cosa Nostra. Ma l’indagine della Procura di Perugia si conclude in Cassazione il 30 ottobre del 2003 con l’assoluzione di tutti gli imputati.

Il delitto Pecorelli, ad oggi, resta un caso aperto.

 

Gigi Montero

 

 

* I veleni di “Op”, Kaos, pag. 38

** Id. pag. 32

*** Id. pag. 56

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