Un pediatra italiano, Enrico Solito, è tra i massimi esperti mondiali sul più grande investigatore della letteratura. Sul personaggio ha scritto anche diversi racconti e alcuni romanzi, uno dei quali rivive ora in un ebook edito da Algama: Sherlock Holmes e le ombre di Gubbio. Cronaca Vera lo ha intervistato. Qui la versione integrale del servizio.
GUBBIO- Dite al mondo che Sherlock Holmes è stato qui. Perché in “Sherlock Holmes e le ombre di Gubbio” (edito in ebook da Algama) il più famoso investigatore della letteratura se la deve vedere con i misteri italiani. Autore del romanzo apocrifo è uno dei suoi massimi studiosi al mondo. Si chiama Enrico Solito e nella vita fa il pediatra, prestando la propria professionalità anche all’estero, in missione negli ospedali di Emergency in Asia e in Africa. È stato il primo non anglofono a conseguire il brevetto di CHS(d) della Franco Midland Hardware Companyinglese (Certfied in Holmesian Studies, distinguished) è stato il primo italiano a essere nominato membro dei Baker Street Irregulars di New York, la più antica ed esclusiva associazione sherlockiana (non ci si può iscrivere nè chiedere l’iscrizione, solo attendere di essere chiamati). I suoi articoli sul personaggio sono stati pubblicati in mezzo mondo, dall’Australia al Giappone, dagli Usa alla Francia. Così come i suoi romanzi e racconti gialli. Potevamo non toglierci qualche curiosità?
Solito, una volta per tutte, ma Sherlock Holmes è esistito davvero?
«Ebbene, molti credono, o fanno finta di credere per gioco, che Holmes sia esistito davvero, e che tutto quanto è scritto nelle sue storie è vero anch’esso. È solo un gioco: Holmes come tale è solo un personaggio letterario, come Ulisse o Don Chichotte o Fra Cristoforo. Ma sembrano così vivi che la gente li cita tutti i giorni».
E allora Conan Doyle, il suo autore, si ispirò a qualcuno di reale per il personaggio?
«Sì, questo sì. Si ispirò a un personaggo veramente vissuto: il Professor Joseph Bell dell’Università di Edimburgo, di cui Doyle era stato studente. Bell era un medico espertissimo e insegnava ai suoi giovanti studenti ad osservare i piccoli particolari dei pazienti per dedurre il mestiere che facevano, il posto da cui venivano, le loro abitudini. Tutto questo per conoscere meglio il paziente, capire meglio i suoi sintomi. Le sue lezioni erano uno spettacolo che stupiva i pazienti e gli studenti, con un effetto di stupore che era lo stesso che Holmes ottiene nel suo salotto di Baker Street con la gente che si rivolge a lui o con gli ispettori di Scotland Yard. In effetti il metodo di deduzione è molto simile. Bell ammise di assomigliare a Holmes e riempiì di elogi il suo vecchio alunno».
Qual è il metodo usato da Holmes per risolvere un caso?
«Domanda difficile, perché molti filosofi si inetrrogano ancora su questo: Umberto Eco ci ha scritto un libro, tanto per dirne una. Comunque secondo Holmes il succo è prima di tutto osservare: osservare quei piccoli particolari che nessuno nota (che so, il tipo di fango sotto le suole), e confrontare qesti dati con quello che lui ha catalogato nel tempo (nel nostro esmpio, il colore del fango nelle varie zone della città): infine dedurre con quello che sembra un trucco di magia (lei è appena venuto da quella zona della città) e invece è solo una deduzione logica: il fatto é che nessuno di norma fa caso a quei piccoli particolari, ma quando Holmes ce li spiega tutto sembra facile, come quando un mago svela il suo trucco. Quando Holmes affronta un caso, va sul posto, raccoglie i dati, osserva appunto ciò che altri non vedono, e poi deduce una teoria in grado di spiegare il tutto».
Cosa rende migliore Holmes da ogni altro detective della letteratura?
«Non va mai a caso, non risolve le cose a pugni, ma solo col cervello: va sul posto, cerca indizi, osserva quello cui gli altri non danno importanza, e su quello si mette a ragionare. Si immedesima nel caso, non dorme e non mangia finché non ha risolto il problema, non ha dedotto la soluzione. Si danna l’anima, si tormenta finché non ci è riuscito. È capace di passare la notte in piedi a suonare il violino in attesa di un’idea…è un uomo tormentato, che sacrifica alla ricerca della verità tutta la sua vita, al punto di rifiutare una vita affettiva per restare lucido, determinato, non influenzato né influenzabile: anche se questo è vero solo in parte, viste le sue reazioni in certe situazioni. Una volta, accortosi di una vigliaccheria fatta su una giovane donna indifesa insegue il colpevole col frustino in mano fin sulla strada».
Perché, a tanto tempo di distanza, esistono ancora tanti fan del personaggio?
«Ma perché leggerlo è uno spettacolo. La nebbia, il violino, la palude, gli ululati: e lui imperturbabile che fuma la sua pipa, suona il violino, riflette e scruta nella notte. Magnifico. È un cavaliere senza macchia e senza paura, che commette bi suoi errori e se ne prende la responsabilità, ma che si spende tutto fino allo spasimo. E poi c’è l’intramontabile amicizia con Watson, che non è affatto uno stupido come lo dipingono certi film: “elementare Watson” per dire, Holmes non l’ha mai detto. Rispettava troppo il suo amico per fare battutine saccenti di quel tipo. E quindi queste sono storie basate su quel sodaizio, su quella formidabile amicizia, che li porta a rischiare anche la vita a volte per sconfiggere il male».
Gigi Montero