Esce in ebook per Algama Sherlock Holmes e le ombre di Gubbio, il thriller sull’investigatore più famoso di sempre scritto da Enrico Solito, tra i massimi esperti mondiali sul personaggio. Ecco il suo intervento per Fronte del Blog
In “Sherlock Holmes e le ombre di Gubbio” sono moltissimi i riferimenti, le allusioni e i rimandi al mondo di Sherlock Holmes: altre avventure già note, fatti storici che i contemporanei conoscevano benissimo, o che magari solo i bene informati potevano comprendere. Ho scelto di non procedere a note esplicative (salvo due casi) un po’ perché avrebbero distratto il lettore, ma anche con l’idea di lasciargli il sottile piacere di ricercare per suo conto questi agganci.
Ho pensato però di proporre su questo blog almeno alcuni di essi: e comincerò dall’ultimo, che compare nelle ultime pagine del libro, la cui spiegazione è affrontata concisamente da una nota.
Non molti anni fa fu resa nota una lettera alla madre da parte di Arthur Conan Doyle in cui la avvertiva che sarebbe stato nominato Cavaliere della Corona d’Italia per aver acconsentito alla pubblicazione di una avventura di Sherlock Holmes (“Il Trattato Navale”, pubblicato in Inghilterra nel 1893) sul giornale del primo ministro italiano. La lettera è del gennaio 1895 e alcuni mesi dopo Doyle scrive divertito che effettivamente ha ricevuto la nomina.
Noi appassionati italiani saltammo letteralmente sulla seggiola perché a quanto ci risultava le prime apparizioni di Holmes in Italia erano di poco posteriori: quello dunque sarebbe stato il primo racconto tradotto.
Gianluca Salvatori trovò quasi subito un riscontro: Doyle era stato effettivamente iscritto in quell’epoca negli elenchi conservati a Torino dei Cavalieri della Corona.
Ora, di Francesco Crispi, all’epoca primo ministro, si può pensare bene o male (personalmente ne penso malissimo e ancor peggio) ma anche i suoi più ferventi ammiratori difficilmente lo definirebbero come esempio adamantino di onestà e nemico della corruzione. Per dire, l’uomo fu al centro del più grande scandalo dell’Italia umbertina, quello della Banca Romana (anch’esso citato nel libro). Milioni di lire (cifra paragonabile a decine di miliardi di oggi) furono distratti stampando cartamoneta in più, per finanziare il giornale presieduto da Crispi, “La Riforma”. Perciò non ci sarebbe certo stato da stupirsi se una carica onorifica dello Stato fosse stata barattata con un articolo su un giornale privato, come Doyle diceva: la faccenda era credibile anche se moralmente assai criticabile.
Riuscii, animato da sacro fuoco, ad avere accesso alla raccolta de “La Riforma” a Firenze, ma subii una atroce delusione. C’erano molti romanzi di appendice e racconti, come si usava allora, ma niente Trattato. Dedussi che il racconto non fosse mai stato pubblicato per la chiusura improvvisa del quotidiano in seguito al disastro di Adua e la fine conseguente della carriera di Crispi: e così credette anche Watson, a giudicare dal libro “Sherlock Holmes e le ombredi Gubbio”.
Ma le cose non stavano esattamente così. Roberto Pirani, holmesiano e bibliofilo, mi avvertì che Crispi controllava in verità non solo “La Riforma” ma decine di piccole e grandi testate, direttamente o indirettamente. Quale enorme differenza dai tempi d’oggi dove la stampa e i media italiani sono così indipendenti dal Primo Ministro di turno!
Sia Pirani che io cominciammo a cercare e alcuni anni dopo fu lui a trovare la perla. Dal 31 gennaio al 9 febbraio 1895 su “Il Giornale” di Roma era comparsa quella avventura in puntate quotidiane: ma non è tutto.
L’autore della storia non era Watson, ma un certo “Barone R**”. Alla fine erano stati aggiunti dei paragrafi posticci che facevano riferimento ad una polemica di quei giorni comparsa sulla stampa francese sulla esistenza di un trattato navale segreto tra Italia e Gran Bretagna in funzione antifrancese. La traduzione era stata fatta molto velocemente, abborracciata e piena di errori (il nome di un personaggio passava da Gorot a Gorotto): sopratutto nei giorni immediatamente precedenti e ancora durante la pubblicazione c’erano richiami pubblicitari che sottolineavano che quella era la vera storia del trattato segreto di cui si sussurrava in Francia.
Insomma la cosa era andata così: letti i giornali francesi Crispi aveva organizzato in pochissimo tempo una beffa, pubblicando come reale e attuale la storia di Watson del 1893. Di sicuro per parecchi giorni deve aver preso per i fondelli gli agenti francesi e messo a soqquadro Parigi, finché qualcuno non si sarà reso conto della presa in giro.
Io credo che Watson non lo abbia mai saputo: non avrebbe mai perdonato al suo amico Conan Doyle di aver fatto usare una sua storia per gli interessi di Crispi.