Chi era davvero il serial killer bambino Willam Vizzardelli, le cui gesta sono rievocate ne La logica del Burattinaio? Lo spiegano Rino Casazza e Daniele Cambiaso in un’intervista a Cronaca Vera. Gli autori del romanzo non si sono mai incontrati di persona, ma hanno dato vita ad un giallo travolgente
Un estratto dal thriller La logica del Burattinaio – LEGGI
SARZANA- Quando uscì di galera, dopo quasi trent’anni di detenzione, non volle rilasciare alcuna intervista. Andò a stare dalla sorella in libertà vigilata. Cinque anni più tardi gli fu concessa la grazia. E pochi giorni più tardi il suo comportamento scioccò ancora l’Italia: perché non provò affatto a ricostruirsi una vita. Anzi. Prese un paio di forbici e se le conficcò in gola. Si chiamava Giorgio William Vizzardelli, seminò panico e sangue a Sarzana tra il 1937 e il 1938. Ma a turbare il sonno di molti fu che i delitti, atroci, li commise tra i 15 e i 17 anni. Un serial killer bambino. «In effetti fu solo la minore età a salvarlo dalla forca e a portarlo all’ergastolo. La guerra contribuì a far dimenticare le sue gesta, passate alla cronache come quelle del Mostro di Sarzana». A parlare è Rino Casazza, sarzanese trapiantato a Bergamo, che, con Daniele Cambiaso ha dato vita ad un thriller in cui i delitti di Vizzardelli vengono emulati da un copycat, un serial killer molto particolare, che obbedisce agli ordini di una voce. Il romanzo, un ebook edito da Algama, Casazza e Cambiaso lo hanno scritto senza mai incontrarsi di persona. S’intitola “La logica del Burattinaio” ed è un thriller ad alta tensione.
IL BURATTINAIO
«La vicenda – dice Cambiaso – si svolge nei giorni nostri, con un serial killer che ripercorre dopo settant’anni le gesta di Vizzardelli con attenzione maniacale. La squadra di investigatori che si occupa del caso inizialmente non coglie questo inquietante parallelismo. Solo uno di loro, l’Ispettore Romei, sarà così attento da riconoscere la pista giusta nello scetticismo generale. I successivi riscontri porteranno, infine, Romei e i suoi uomini a ipotizzare che il legame tra i meccanismi mentali del copy killer e quelli di Vizzardelli sia molto, troppo profondo, a dispetto di ogni logica.
Ed è qui che entra in scena la figura del Burattinaio… Di più è meglio non aggiungere, se non che, nel romanzo, il lettore si trova a poter vivere dal di dentro le emozioni del serial killer perché i delitti vengono raccontati in soggettiva utilizzando proprio il punto di vista dell’assassino. Tra l’altro non si può certo dire che quanto passasse per la testa di William Vizzardelli sia stato chiarito…»
L’INTERVISTA SU STOP A RINO CASAZZA PER LA LOGICA DEL BURATTINAIO- LEGGI
IL SERIAL KILLER BAMBINO
Già. Nessuno sa realmente perché uccise e perché lo fece con tanta ferocia. Né come fece, imberbe, a dannare l’anima a tutta la polizia fascista e al Duce in persona, che brigò non poco prima di acciuffarlo: «Eh già – ricorda Cambiaso – il regime fascista ha sempre menato vanto del fatto che si potessero lasciare le famose “porte aperte” perché il crimine era stato debellato. In realtà, alcuni tra i casi più clamorosi della cronaca nera, come ad esempio quello di Girolimoni o di Cesare Serviatti, si verificarono proprio negli anni Trenta. E la pressione del regime spesso intralciava, anziché favorire le indagini, rischiando errori incresciosi. Anche nel caso dei delitti di Vizzardelli, venne messo alla sbarra un innocente, Vincenzo Montepagani».
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I DELITTI
Avvenne subito dopo la prima mattanza al Collegio delle Missioni di Sarzana, il 4 gennaio 1937, quando furono ammazzati il direttore e il portinaio. Quest’ultimo ebbe solo il tempo di pronunciare la parola “registro”. Poi morì. Indagini frettolose portarono a Montepagani, insegnante di sostegno di cui era nota l’ostilità verso il direttore, e che ebbe la sola colpa di passare davanti al collegio in bicicletta all’ora del delitto. Per sua fortuna finì assolto ed evitò la forca. Il duplice delitto rimase impunito. Un anno e mezzo più tardi, ecco il nuovo duplice delitto: un taxista e un giovane barbiere sarzanese, trucidati a colpi di pistola. Di nuovo le indagini brancolano nel buio. «A fine dicembre 1938 va in scena l’epilogo di quello che sempre più appare come come un dramma partorito dalla fantasia di uno scrittore. – conclude Casazza- Succede quando il custode dell’Ufficio del Registro, Giuseppe Bernardini, viene trovato morto con un accetta nel cranio. Le chiavi dell’ufficio le avevano solo lui e il direttore del Registro, Guido Vizzardelli, che il giorno prima aveva denunciato la scomparsa del figlio 17enne. Ricordi la parola “registro” esalata dalla seconda vittima? Ecco, fu così che Vizzardelli, già studente esterno alle Missioni, venne preso e confessò. Disse che tutto era cominciato per un ceffone preso dal direttore dell’Istituto. Eliminò il portinaio come testimone scomodo. Così sarebbe accaduto col barbiere, che lo ricattava, e lo sventurato taxista, altro teste inopportuno. In realtà, cosa passò nella mente di quel giovane nessuno lo seppe mai». E loro hanno provato a immaginarlo ne “La logica del Burattinaio”. Dove alla malvagità umana sembra non esserci alcun limite.
Gigi Montero per Cronaca Vera
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