Lo sostengono l’avvocato Luca D’Auria e le criminologhe Ilaria De Pretto e Claudia Pavanelli in un lungo dossier sul caso di Yara Gambirasio pubblicato sul primo numero di Crimen. Il mensile allega anche un libro, “Il caso Bossetti” presentato il 2 luglio a Capri
Nuove rivelazioni sulla vicenda di Yara Gambirasio. Ne danno conto l’avvocato Luca D’Auria e le criminologhe Ilaria De Pretto e Claudia Pavanelli nel primo numero del mensile Crimen, in edicola fino a fine agosto. Secondo quanto ricostruito in un lungo dossier pubblicato su Crimen dai tre professionisti, fondatori dell’associazione Justice Of Mind, sul corpo della tredicenne di Brembate Sopra ci sono sette capelli il cui dna sarebbe compatibile con altre persone sottoposte al test del dna.LA RIVELAZIONE- Scrivono i tre: «L’unico dato oggetto di indagine con riferimento a queste tracce è stato quello di escludere la loro compatibilità con parenti della vittima, ma non è stato fatto nessun accertamento e confronto sulla loro identità con i soggetti oggetto dell’indagine biologica di massa e ciò ancorchè taluni di questi capelli, per quanto attiene il profilo mitocondriale (quello rinvenibile in questo tipo di reperto) fosse compatibile con persone che avevano subìto quel prelievo popolazionistico. Un’altra falla nella ricostruzione? Certamente un altro problema probatorio che il processo dovrà svelare».IL COMMENTO- Fronte del Blog ha chiesto lumi a Luca D’Auria, che dice: «Uno degli elementi su cui JOM ha puntato l’attenzione sin da subito e che è stato trascurato dai media è la presenza, sul corpo della vittima, di sette formazioni pilifere. Queste presentano tre caratteristiche ritenute determinanti per una corretta ricostruzione dei fatti: 1) come possono aver resistito tanti mesi alle intemperie?; 2) com’è possibile che appartengano a soggetti identificati mediante lo screening di massa e mai “attenzionati” dalla polizia e dagli investigatori?; 3) cosa suggeriscono questi peli per una diversa versione dei fatti?. Sul punto non vi è certamente una risposta univoca ma, senza dubbio, l’idea è che si possa pensare ad una dinamica completamente diversa, in cui non è possibile pensare che tali formazioni pilifere siano “volate” casualmente sulla vittima, che ivi siano restate per un tempo indeterminato e che nulla abbiano a che fare coi fatti di causa».IL CONTROPROCESSO A BOSSETTI- D’Auria ne parlerà il 2 luglio al “controprocesso” al muratore di Mapello, che si tiene il giorno prima del vero processo in un convegno a Capri. È l’occasione per presentare il volume “Il caso Bossetti”, allegato al primo numero di Crimen, in cui vengono messe in discussione tutte le prove raccolte contro Bossetti. Il volume, a cura dell’associazione Justice Of Mind, è firmato dagli avvocati Carlo Taormina, Luca D’Auria, Noemi Brambilla e dalle criminologhe Ilaria De Pretto e Claudia Pavanelli.