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Salvate Genny ‘a carogna, prima vittima della campagna elettorale

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Se le forze dell’ordine trattarono con lui fecero solo bene. E ora gli danno il Daspo per aver espresso un’opinione su Speziale, che da anni molti ultras – e non solo- ritengono innocente.

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Se volevano trasformare in martire addirittura un ultras, beh, ci stanno riuscendo. Perché la vicenda di Genny ‘a carogna sta assumendo contorni sempre più surreali. E il tutto in un coro unanime di voci piuttosto retoriche.

LA VICENDA- Dunque, sabato scorso si gioca all’Olimpico la finale di Coppa Italia Napoli-Fiorentina. Fuori dallo stadio si picchiano, come spesso accade. Ma stavolta sparano pure, uno viene ferito gravemente. E questo succede decisamente meno frequentemente. In curva il clima è incandescente. La voce del ferimento di un tifoso del Napoli si è già diffusa. Si teme che la situazione possa degenerare dentro allo stadio. E si possono prendere solo due decisioni: o far giocare la partita o rimandare tutti a casa.

NESSUNA ALTRA SCELTA POSSIBILE Non si tratta di una decisione semplice. Perché l’Olimpico è pieno così non solo di ultras, ma di famiglie e perfino bambini. Se si decide di non giocare c’è il rischio che fuori scoppi una guerriglia in mezzo alla città, soprattutto, in mezzo alla folla. Di più. Dato che qualcuno ha sparato, non si sa se ci siano altre persone armate pronte a far fuoco. È per questo che solitamente, in casi del genere, si gioca. Ma è chiaro che per dare il via all’incontro bisogna che alla curva del Napoli stiano calmi. Che non reagiscano con la violenza, con la vendetta. Che non trasformino lo stadio in un inferno. È inutile che la politica dica che con gli ultras la polizia non deve trattare. Una volta che la politica consente che siano lì, la polizia deve trattarci eccome, perché deve tutelare tutti quelli che sono allo stadio. Uomini, donne, anziani, bambini. E non i massimi sistemi.

GENNY ‘A CAROGNA Incidentalmente il capo dei Mastiffs, una delle tifoserie del Napoli, è tale Genny ‘a Carogna. È con lui che la polizia deve assicurarsi che la situazione non trascenda. Genny ‘a Carogna, classe 1973, pare fosse il leader dei Mastiffs non da ieri. Ma dagli inizi anni 90.

Secondo un pentito, Emiliano Zapata Misso, suo padre è un affiliato alla camorra. Il pentito racconta anche che «esistono alcuni gruppi organizzati di ultras: in particolare vi sono i Mastiffs, il gruppo Rione Sanità, le Teste Matte e, per un periodo anche la Masseria Cardone. I Mastiffs sono un gruppo che ricomprende essenzialmente tifosi del centro storico e cioè Forcella, Piazza San Gaetano, Pietro Colletta». Il pentito sostiene pure che «la gran parte di questi capi ultras avevano una serie di introiti economici provenienti per lo più da attività criminali».

IL PASSATO DI GENNY ‘A CAROGNA– Va bene. Ma lo mette a verbale non ieri, ma nel 2007. Un altro collaboratore di giustizia, tale Salvatore Russomagno, nel febbraio 2013 – e non ieri- dice che 8 rapine, tra le quali quelle ai danni della moglie di Edison Cavani, della compagna di Ezequiel Lavezzi e del calciatore Hamsik, sarebbero state compiute dai Mastiffs: «Le rapine avvengono quando un calciatore gioca male, non si presenta presso i circoli sportivi oppure parla male dei tifosi». Di più: «I Mastiffs non gradirebbero le dichiarazioni dei calciatori contro la violenza negli stadi».

SOLO GENNY POTEVA TRATTARE– I Mastiffs hanno sempre smentito. Soprattutto Genny è sempre il loro leader, fin dall’inizio. Nessuno fa nulla. Peraltro, in assenza di qualche elemento più concreto, nessuno sarebbe legittimato a fare qualcosa. Di certo la polizia non scrive le leggi. E dato che deve tutelare l’incolumità di tutti gli spettatori allo stadio calmando gli animi dei tifosi del Napoli, è con lui che deve parlare. Con Genny ‘a Carogna.

LA PRIMA STORTURA – E quando Genny ‘a Carogna dice “Si gioca”, intende evidentemente dire che i suoi staranno calmi. E che allo stadio non combineranno casini. In effetti, qualsiasi parentela abbia, incuta paura o meno, in qualche modo li placa. Il giorno dopo, apriti cielo. Viene paragonato a Ivan Bogdanov, il teppista della Stella Rossa che gli incidenti li provocò, mica li sedò.

I BENPENSANTI I benpensanti criticano il fatto che la polizia abbia parlato con lui. Naturalmente perché loro, i benpensanti, sabato sera, allo stadio coi propri figli non c’erano. O se c’erano, stavano nelle solite irraggiungibili tribune vip. Facile.

GLI ULTRAS E IL CASO SPEZIALE Però non basta. Di Genny ‘a carogna viene presa di mira la maglietta su cui è scritto: “Speziale libero”. Speziale, com’è noto, è il tifoso condannato per l’omicidio dell’agente Filippo Raciti. Ma, contrariamente a quanto detto e scritto, non si tratta affatto di una provocazione. Molti ultras, e non solo loro, sono tuttora convinti che Speziale sia innocente.

L’INCONTRO DEGLI ULTRAS CON L’AVVOCATO DI SPEZIALE -Ancora un anno fa alcune delegazioni di varie tifoserie di mezza Italia incontrarono a Bergamo l’avvocato di Speziale, Giuseppe Lipera, chiedendo se in qualche maniera potessero contribuire a far luce sul caso e a chiedere la revisione del processo.

NESSUNA OFFESA A RACITI – Sulla maglietta Genny non ha insultato Raciti. Ha scritto come la pensava sulla condanna di una persona, Speziale. Ieri un altro avrebbe potuto scriverci sopra “Sofri libero” senza che quella scritta dovesse offendere la famiglia Calabresi. E, come sappiamo, in quel caso è stato fatto molto di più di una semplice maglietta.

IL DASPO PER UN’OPINIONE – Genny ‘a carogna, qualsiasi parentela abbia, si fosse anche macchiato dei peggiori reati – e non è così -, ha solo espresso un’opinione. Alla maniera degli ultras, con una maglia. E per un’opinione legittima, – non per percosse o insulti razziali, neppure per i sospetti sui Mastiffs o per le sue parentele – gli hanno dato il Daspo per cinque anni.

DUE PESI E DUE MISURE – Cinque anni di Daspo per un’opinione. Ai poliziotti che hanno osannato con un applauso i poliziotti condannati per la morte di Federico Aldrovandi, manco una multa.

Edoardo Montolli

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Genny ‘a carogna su Twitter, l’ironia della Rete (e della campagna elettorale):

 

 

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Edoardo Montolli

Edoardo Montolli, giornalista, è autore di diversi libri inchiesta molto discussi. Due li ha dedicati alla strage di Erba: Il grande abbaglio e L’enigma di Erba. Ne Il caso Genchi (Aliberti, 2009), tuttora spesso al centro delle cronache, ha raccontato diversi retroscena su casi politici e giudiziari degli ultimi vent'anni. Dal 1991 ha lavorato con decine di testate giornalistiche. Alla fine degli anni ’90 si occupa di realtà borderline per il mensile Maxim, di cui diviene inviato fino a quando Andrea Monti lo chiama come consulente per la cronaca nera a News Settimanale. Dalla fine del 2006 alla primavera 2012 dirige la collana di libri inchiesta Yahoopolis dell’editore Aliberti, portandolo alla ribalta nazionale con diversi titoli che scalano le classifiche, da I misteri dell’agenda rossa, di Francesco Viviano e Alessandra Ziniti a Michael Jackson- troppo per una vita sola di Paolo Giovanazzi, o che vincono prestigiosi premi, come il Rosario Livatino per O mia bella madu’ndrina di Felice Manti e Antonino Monteleone. Ha pubblicato tre thriller, considerati tra i più neri dalla critica; Il Boia (Hobby & Work 2005/ Giallo Mondadori 2008), La ferocia del coniglio (Hobby & Work, 2007) e L’illusionista (Aliberti, 2010). Il suo ultimo libro è I diari di Falcone (Chiarelettere, 2018)

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