Nito Valdi è tornato. Il perfido de Il peccato e la vergogna 2, interpretato da Gabriel Garko, sta tenendo col fiato sospeso i telespettatori che ogni martedì sera restano incollati su Canale 5 dando vita a un boom di ascolti. Il 2014 è un anno importante per l’attore nato a Torino, che ritroveremo in Rodolfo Valentino – La leggenda e nella quarta serie di L’onore e il rispetto, la fiction che una decina di anni fa gli ha regalato il grande successo. Non solo: ha appena terminato le riprese del film Incompresa per la regia di Asia Argento, dove recita al fianco di Charlotte Gainsbourg. In questa chiacchierata Garko ci svela anche come è nato il cattivissimo personaggio di Nito, tanto realistico da far ricevere all’attore delle autentiche minacce.
Gabriel, le fiction che ti vedono in coppia con Manuela Arcuri, come Il peccato e la vergogna, riscuotono sempre successo. Qual è il segreto?
«Non ci sono trucchi o segreti, semplicemente noi lavoriamo molto bene insieme, siamo affiatati, e penso che questo si percepisca anche dall’altra parte dello schermo. Certo, il valore di queste serie è merito anche di chi le scrive e le produce. Il punto è lavorare con armonia e in team. E poi, su una base scritta bene, si lavora altrettanto bene».
Giocando sul titolo, ci dici un peccato e una vergogna del nostro tempo?
«Mi astengo dal rispondere a questa domanda: faccio il mio lavoro per intrattenere e distrarre le persone e non vorrei annoiarle con cose che purtroppo conosciamo bene tutti».
In questa seconda serie della fiction sembri più cattivo che mai…
«Nito è un “malato”, vuole Carmen (Manuela Arcuri, ndr) perché gli ricorda la madre che lo aveva abbandonato da piccolo. In questa stagione si aggiungono l’ossessione per il figlio e tanti colpi di scena. Ma la violenza sarà più psicologica che fisica».
È il tuo primo personaggio così perfido?
«Forse è in assoluto il personaggio televisivo più perfido di sempre. Tanto che mi è costato minacce da parte di mitomani e aggressioni da ignoti che sono arrivati a odiarlo e a odiarmi per identificazione. Ma è anche piaciuto molto al pubblico, compresi i bambini che hanno capito bene la finzione».
Te la senti di raccontarci di quelle minacce?
«Sono cominciate già con la prima serie (andata in onda nel 2010, ndr). Mi arrivavano delle buste a casa e all’inizio l’ho presa a ridere: era la prima volta che toccavo con mano lettere minatorie fatte nello stile dei film, con ritagli di giornale. Poi la faccenda è diventata più frequente: ne ricevevo fino a due alla settimana. E ho iniziato a preoccuparmi. Quindi ho interpellato la polizia e i carabinieri che hanno avviato le indagini».
Che cosa hanno scoperto?
«Che sulla carta non c’erano impronte digitali. E questo significa che erano fatte con metodo “professionale”. Ho iniziato a preoccuparmi. Poi c’è stata l’aggressione a Roma».
Come si è svolta?
«Ero rientrato a casa tardi. Superato il cancello ho sentito dei colpi di pala sui finestrini e sul cofano dell’auto. Erano in quattro o cinque. Sono riuscito a fare manovra e a fuggire dai carabinieri».
Come hai reagito a quello spavento?
«Ho fatto 350 denunce in totale. Praticamente mantengo una squadra di avvocati…».
Viene da chiederti, ma chi te lo fa fare di impersonare dei cattivi in Tv?
«Lo trovo molto più stimolante dal punto di vista recitativo rispetto a un ruolo da buono».
È vero che sei stato tu a chiedere alla produzione che Nito fosse così duro?
«Sì, è così. Quando abbiamo progettato la seconda serie ho chiesto: “Per cortesia, non fatelo diventare buono”. Mi diverte recitare la parte del cattivo perché mi tocca fare cose che nella vita non potrei mai… È un modo per dare sfogo alla fantasia. Senza porsi limiti. Certo, lo ammetto: Nito Valdi ci è uscito talmente perfido che forse siamo andati oltre… E qualcuno non ha capito».
Simona Saia per Stop